martedì 31 dicembre 2013

Fotografia astronomica: H-alpha nel Cigno

Se i nostri occhi fossero molto più sensibili alle deboli luci del cielo, ogni notte serena lontano dalle luci della città ci presenterebbe uno spettacolo di proporzioni gigantesche. Nascoste tra le stelle che brillano e gli ampi spazi vuoti nei quali i nostri occhi si perdono, ci sono splendide opere d'arte chiamate nebulose, distese immense di gas tenue e molto caldo che tracciano indescrivibili trame tra quelle costellazioni così tanto familiari.
I nostri occhi non potranno mai ammirare qualcosa del genere, ma le nostre fotocamere digitali sì.
La costellazione estiva del Cigno, immersa nel pieno della Via Lattea estiva, ne è uno degli esempi più eclatanti. Una camera CCD equipaggiata con un obiettivo da 35 mm di focale, un filtro H-alpha che lascia passare solo la luce in cui emettono le nebulose, qualche ora di esposizione e tanta pazienza, sono gli ingredienti necessari per farci vedere il Cigno come non lo vedremo mai. Eppure la realtà è quella di questa foto e non quella che i nostri occhi ogni notte serena ci nascondono.
Il cielo, l'Universo, è un posto più sorprendente di quanto possiamo immaginare.
Provate a indovinare dove si trovano le stelle della costellazione!

Qualche dato tecnico: mosaico di 15 riprese(!) ognuna di 40 minuti di esposizione con camera CCD SBIG ST7-XME e filtro H-alpha da 12 nm di banda passante.


venerdì 27 dicembre 2013

Come atterrava uno Shuttle?



Gli Space Shuttle sono state le prime e uniche (fino a questo momento) navicelle riutilizzabili della storia, andate ormai in pensione nel luglio del 2011. Partivano cme un razzo e atterravano come un aereo, ma pochi forse sanno in che modo avveniva la discesa. 
Una volta terminata la missione in orbita terrestre, ad almeno 350 km di altezza, iniziava il momento più delicato dell'intero viaggio: il ritorno a casa. 
Senza più carburante per effettuare una discesa controllata e lenta, lo Shuttle, come tutte le altre capsule, precipitava letteralmente nell'atmosfera. Per perdere quota dall’orbita azionava per pochi minuti i razzi di manovra che ne rallentavano la velocità orbitale. A questo punto il campo gravitazionale terrestre faceva perdere rapidamente elevazione all’astronave. L’impatto con gli strati superiori dell’atmosfera, a una quota di 120 km, avveniva a circa 8 km/s.

Planando senza motori verso terra: ecco l'atterraggio di uno Shuttle
A una velocità così sostenuta l’aria diventa un ostacolo davvero pericoloso da attraversare.
Proprio come un sasso che viene lanciato velocemente al pelo dell’acqua rimbalza invece di affondare, anche lo Shuttle e tutte le capsule che rientrano in atmosfera devono avere la giusta angolazione, altrimenti potrebbero rimbalzare sullo strato d’aria come una grande pietra e perdersi nello spazio. D’altra parte, un ingresso troppo diretto nel mare d’aria vorrebbe dire la distruzione dell’astronave a causa dell’eccessivo calore generato dall’attrito. Per questo motivo la discesa in atmosfera doveva avvenire secondo una particolare angolazione e orientazione, rigidamente controllata dai computer di bordo.

Il rientro violento in atmosfera dello Shuttle aveva la funzione fondamentale di rallentare l’astronave e prepararla per l’atterraggio, che sarebbe avvenuto a oltre 8000 km di distanza dal punto di rientro in atmosfera.
Con una velocità sufficientemente bassa, l’assetto della navetta a poche decine di chilometri dalla superficie cambiava, trasformandosi in un gigantesco aliante che planava nell’aria e rallentava ulteriormente la sua corsa, senza mai utilizzare i razzi, totalmente inadatti all’assetto da aereo di queste fasi. 

L’atterraggio avveniva a una velocità di circa 350 km/h, sensibilmente maggiore di quella dei grandi aerei di linea (circa 260 km/h), tanto da richiedere una pista più lunga e un paracadute per frenarne la corsa.
Certo, le possibilità di manovra non erano simili a quelle di un normale aereo, tanto che dai tecnici fu definito un mattone con le ali, ma osservando gli atterraggi così naturali delle navicelle  su una pista di asfalto, invece di un tuffo incontrollato in mezzo all’oceano di una piccola capsula alta neanche tre metri, per la prima volta nella storia si è avuta la sensazione che la conquista dello spazio non fosse più al limite delle nostre capacità tecnologiche.

martedì 24 dicembre 2013

Domande e risposte: si può sentire il suono sugli altri pianeti?


Il suono che riusciamo a sentire grazie al nostro apparato uditivo è diretta conseguenza di quelle che sono chiamate onde sonore.
Ogni mezzo materiale, sia esso solido, liquido o gassoso, prevede la propagazione delle onde sonore. Nell’atmosfera terrestre l’aria rappresenta il mezzo di propagazione ideale per le onde sonore, ma anche nell’acqua riusciamo ugualmente a percepire suoni.
Nello spazio aperto la densità del gas è così scarsa che possiamo considerarlo vuoto e di conseguenza non riusciamo a sentire alcun suono perché non vi sono onde sonore che il nostro orecchio riesce a sentire.
Ma le cose cambiano su corpi celesti dotati di atmosfera. Sulla superficie di Marte e Venere, ad esempio, le nostre orecchie potrebbero udire perfettamente i suoni. Anche su Titano, satellite di Saturno con un’atmosfera quattro volte più densa della Terra, i suoni potrebbero sentirsi senza problemi. 
 
La diversa composizione chimica e densità di questi involucri gassosi ci farebbe percepire suoni diversi. È probabile che su Marte risultino più acuti rispetto alla Terra, un po’ come succede quando si respira l’elio. Su Titano potrebbero sembrare leggermente più ovattati, mentre su Venere, se mai qualcuno un giorno dovesse provarci, probabilmente il suono sarebbe simile a quando ci troviamo sott’acqua a causa della spessa atmosfera, la cui densità raggiunge ben il 6,5% di quella dell’acqua.

Purtroppo fino a questo momento non abbiamo alcuna prova di come si sentirebbero i suoni su questi corpi celesti. Solamente due sonde nella storia hanno trasportato dei microfoni per registrare il suono. Ma la prima, Mars Polar Lander, si è schiantata sulla superficie del pianeta rosso nella fase di atterraggio e per quanto riguarda la seconda, Marx Phoenix, i tecnici hanno rilevato un bug nel software di gestione della videocamera che avrebbe dovuto registrare immagini e suoni durante la discesa, quindi per non rischiare hanno deciso di non attivarla.
Anche nelle atmosfere dei pianeti gassosi si dovrebbe sentire il suono. Il problema è che non avendo una superficie sulla quale atterrare, sarà ben difficile che qualcuno vi trasporti un microfono!

venerdì 20 dicembre 2013

Cosa sono le stelle di neutroni?



La definizione più semplice e sbalorditiva la possiamo avere nel suo stesso nome: è un gigantesco neutrone, dal diametro tipico di 10-20 chilometri.
Ma questa è solamente la punta dell’iceberg, perché le stelle di neutroni sono tra gli oggetti più strani dell’Universo.

Dal collasso di una stella massiccia nascono le stelle di neutroni
Le stelle di neutroni si formano quando una stella molto più massiccia del Sole, almeno 8 volte più, giunge alla fine della propria vita perché ha finito le riserve di carburante da bruciare. La stella a questo punto esplode come una supernova, scagliando nello spazio gran parte della sua materia, ma non tutta.
Il nucleo centrale, nel quale si sviluppavano gran parte delle reazioni di fusione nucleare, collassa su se stesso fino a formare un oggetto di 20 chilometri di diametro nel quale è racchiusa un’enorme quantità di materia, da 1,44 a 3 volte quella del Sole. 

Le immense pressioni dovute alla forza di gravità comprimono le particelle del gas a tal punto da unire protoni ed elettroni per formare neutroni. Questi riescono a essere abbastanza “robusti” per fermare il collasso gravitazionale e far stabilizzare la struttura di questo nuovo oggetto.
Ma una tale massa concentrata in così poco spazio produce sulla superficie della stella di neutroni una forza di gravità incredibile. Se ci trovassimo in questa spiacevole situazione, il nostro corpo peserebbe miliardi di tonnellate e per alzarci di pochi centimetri non basterebbe neanche il razzo più potente mai costruito. Se potessimo raccogliere un cucchiaino di quei neutroni ammassati e riportarlo sulla Terra, peserebbe 100 mila miliardi di volte più di un normale cucchiaio pieno della nostra acqua. 

Riprodurre le stelle di neutroni in laboratorio è impossibile, a meno che non si trovi il modo di comprimere una portaerei nello spazio occupato da un minuscolo granello di sabbia, perché questa è la densità di una stella di neutroni!

martedì 17 dicembre 2013

Fotografia astronomica: il cratere Copernicus

Con questa immagine termino, per ora, la carrellata di fotografie lunari in alta risoluzione.

Attorno al primo e ultimo quarto, nel bel mezzo della Luna, in prossimità del confine tra luce e ombra (il terminatore), si può scorgere uno dei crateri più grandi e belli: Copernicus. Qualche esperto osservatore con la vista d'acquila afferma di osservarlo anche a occhio nudo, ma senza tentare uno sforzo sovrumano basta già un binocolo per vederlo in modo evidente.
Con un telescopio si può letteralmente entrare dentro il cratere e notare tutti i minuti dettagli al suo interno, tra cui colline e una vera e propria catena montuosa.
L'immagine seguente è una delle mie migliori riprese lunari, ottenuta grazie a un raro momento di stabilità atmosferica.
Telescopio Schmidt-Cassegrain da 35 cm, camera ASI120 MM; somma di 300 frame.


lunedì 16 dicembre 2013

Astronomia per tutti: Volume 10

Se vi fidate di quanto sto per dire e volete scaricare subito Astronomia per tutti: Volume 10, ecco dove lo trovate:
1) Qui in ebook per Kindle e tutti i programmi che lo simulano
2) Qui in PDF ad alta risoluzione

Per tutti coloro che invece vogliono saperne di più, ecco la presentazione del volume. Se volete invece avere più informazioni sul progetto "Astronomia per tutti" cliccate qui

Astronomia per tutti: volume 10
Sebbene un po' in ritardo sulla tabella di marcia causa problemi personali, ecco il nuovo volume di astronomia per tutti. Siamo arrivati al numero 10, ne mancano solamente due, quindi stiamo per concludere il lungo viaggio iniziato insieme un anno fa.

In questo volume ci sono diversi spunti interessanti e inediti, come una dettagliata trattazione sull'astrometria, una disciplina scientifica relativamente semplice ed estremamente appagante. Ma andiamo con ordine.
Nella categoria neofiti è arrivato l’atteso momento di prendere in mano il nostro telescopio e cominciare a fare un po’ di pratica con l’osservazione astronomica, che entrerà poi nel vivo nei prossimi due volumi.
Per gli amanti della fotografia planetaria concluderemo il discorso presentando qualche tecnica di elaborazione insieme ai programmi più utilizzati da tutti gli astroimager.
Nello spazio dedicato alla ricerca avremo a disposizione molte informazioni su come affrontare in modo serio, semplice e divertente l’astrometria. Questo ci darà le potenzialità per contribuire ad ambiziosi progetti di ricerca insieme ai professionisti.

Passando nella parte più teorica, ci getteremo subito in uno degli argomenti più interessanti, ma ahimè anche più difficili da comprendere. Parleremo infatti delle ipotesi attualmente più convincenti sul destino dell’Universo. Trascurando formule e pensieri contorti, probabilmente rimarremo sconvolti e tristi dello scenario che al momento sembra essere il più probabile sulla fine del Cosmo. Per fortuna che si tratta ancora solo di una teoria e come tale lungi dall’essere confermata.
Ci alleggeriremo la coscienza sorvolando insieme alle gloriose astronavi degli anni 70 e 80 il gigante incontrastato dei pianeti: Giove.
Poi torneremo più vicini alla Terra parlando di nuovo di Marte e del nostro pianeta. Andando a ritroso nel tempo fin quasi agli albori del Sistema Solare, potremo assistere a un insospettabile scambio di informazioni tra i due pianeti che potrebbe aver influenzato profondamente l’intera storia della vita.
Come al solito, per il momento Astronomia per tutti: Volume 10 è disponibile solamente in formato elettronico. Il formato cartaceo arriverà nelle prossime settimane
1) Qui in ebook per Kindle e tutti i programmi che lo simulano
2) Qui in PDF ad alta risoluzione

venerdì 13 dicembre 2013

Il cielo nel passato e nel futuro



Benché ci sembrino sempre ferme, le stelle nel cielo si muovono, seppur molto lentamente. Gli astronomi in questi casi parlano di moti propri, generalmente impercettibili dall'occhio nudo in una vita intera, ma fondamentali se facciamo scorrere velocemente il tempo.

L'evoluzione dell'Orsa Maggiore nel corso dei millenni
Se consideriamo i moti propri delle stelle delle costellazioni, almeno quelle più evidenti, e allarghiamo l’intervallo temporale, ci accorgiamo che il cielo che osserviamo in questi millenni non è altro che un’istantanea di un’evoluzione continua e inarrestabile.
Un esempio piuttosto impressionante riguarda il grande carro, asterismo da sempre presente nelle cronache e nei miti di tutte le civiltà. Le stelle di cui è composto hanno moti propri abbastanza elevati e in direzioni diverse, tanto che la figura attuale così somigliante a un carro rappresenta semplicemente un momento casuale tra un futuro e un passato estremamente diversi.
In effetti, quando sulla Terra comparve l’Homo Sapiens, circa 190.000 anni fa, il grande carro era in realtà un gruppo di stelle che poco o nulla aveva in comune con la forma attuale. 

Non solo il grande carro è soggetto ai moti propri, ma tutte le costellazioni non rappresentano altro che la fotografia di un cielo in continuo movimento.
Senza considerare la nascita e la morte delle stelle, la sfera celeste al tempo della scomparsa dei dinosauri, 65 milioni di anni fa, era popolata da disegni totalmente alieni alla nostra cultura. 

Non bisogna comunque andare così lontano nel tempo per accorgerci dei continui cambiamenti del cielo.
Proprio nel 1992 alla stella Rho Aquilae venne cambiato il nome, visto che il suo moto proprio l’aveva portata dalla costellazione dell’Aquila alla vicina costellazione del Delfino. La stessa stella di Barnard, tra circa 11.000 anni, diventerà la più vicina al sistema solare, a circa 3,8 anni luce da noi. 

Una cosa quindi è certa: se l’essere umano continuerà ad abitare questo pianeta, tra qualche centinaia di migliaia di anni potrà solamente osservare nei libri di storia il cielo sotto il quale è nata e si è sviluppata l’attuale civiltà.

martedì 10 dicembre 2013

Domande e risposte: cosa succederebbe se esplodesse una stella nelle vicinanze della Terra?




L’energia rilasciata da una supernova, una stella molto più grande del Sole che si accinge a esplodere al termine della propria vita, è così grande che è stato calcolato che se ne esplodesse una in un raggio di 100-150 anni luce le radiazioni gamma emesse potrebbero cancellare in un colpo gran parte della vita sulla Terra.
Fortunatamente non si conoscono stelle abbastanza massicce nelle vicinanze del Sole che potrebbero provocare un disastro di tale portata.
Nel passato della Terra, tuttavia, gli scienziati pensano di aver individuato almeno un evento di estinzione di massa legato all’esplosione di una supernova vicina. Circa 450 milioni di anni fa scomparve l’85% di tutte le specie viventi, probabilmente a causa dei raggi gamma provenienti da una supernova vicina.

Il pericolo è quindi scongiurato? Non del tutto, perché una classe di supernovae molto violente emette dei fasci molto stretti e distruttivi di raggi gamma in grado di annientare in pochi minuti gran parte della vita della Terra anche da una distanza di decine di migliaia di anni luce.
Solo le stelle più massicce provocano questi raggi laser gamma così distruttivi, e fortunatamente sono molto rare. Ancora più raro è trovarsi nel luogo sbagliato, per fortuna: per subire dei danni dovremmo essere investiti in pieno dai raggi gamma, che si sviluppano in tutta la loro potenza in un cono largo non più di venti gradi attorno ai poli della stella. Questo significa, quindi, che un’eventuale stella molto massiccia dovrebbe avere i poli allineati con una precisione di 20° per poterci fare seriamente del male. Tirando le somme, è certamente più probabile venir colpiti in questo preciso istante da un meteorite.
Se stiamo continuando a leggere, abbiamo scampato anche questo pericolo e forse capito quanto sia raro un evento del genere. Si stima che nella Via Lattea, una galassia molto tranquilla, possa verificarsi un lampo di raggi gamma, così è chiamato dagli astronomi, orientato a caso nel cielo solamente ogni 5 milioni di anni, senza contare che le stelle in grado di produrlo se ne conoscono solo un centinaio attualmente. 

Sembrerebbe proprio che non dobbiamo affatto preoccuparci, eppure, a volte, è proprio l’evento più improbabile a destare maggiore preoccupazione.
La stella WR 104, una di quelle cento in grado di produrre un lampo di raggi gamma distruttivo, è sul punto di esplodere e sembra puntare il suo micidiale cannone proprio verso il Sistema Solare. Situata a 8000 anni luce di distanza, rappresenta attualmente uno dei più grandi pericoli per la Terra provenienti dallo spazio profondo. Gli astronomi la stanno studiando da molti anni ormai e ancora non hanno capito se i suoi poli sono davvero allineati o no con la Terra. Alcuni studi dicono di si, altri ci darebbero una ventina di gradi di margine, e la questione resta quindi aperta.

Al momento sono più le domande che le risposte: la stella potrebbe esplodere da oggi a 500.000 anni, potrebbe non generare un lampo gamma o potrebbe non essere sufficientemente allineata con noi per prenderci in pieno. Tutto quello che ci resta da fare è continuare a studiarla e vivere le nostre vite come se non ci fosse, perché nel caso peggiore non ci sarebbe modo di sapere quando ci colpirà e men che meno provare a evitare l’eventuale incontro. Di fronte a tali eventi siamo e saremo sempre del tutto impotenti.

lunedì 9 dicembre 2013

Mio romanzo gratis fino all'11 dicembre

Mio romanzo gratis fino all'11 dicembre
Continuano le promozioni di Natale. Oggi e fino a mercoledi 11 anche il mio romanzo "Ora il mondo saprà tutto" è gratuito nel formato Kindle.
Vi ricordo che è possibile visualizzarlo anche con tutti i computer e smartphone scaricando l'applicazione gratuita di Amazon per la lettura dei formati Kindle.

Il libro parla di astronomi che fanno una scoperta astronomica verosimile ed estremamente importante, dalla quale poi si scateneranno le reazioni, non sempre benevole, di altre persone appartenenti ad altri ambiti della società.
A questo link si può vedere la scheda completa e scaricarlo gratuitamente.
Buona lettura

sabato 7 dicembre 2013

Libri gratuiti e grandi sconti per Natale!

Il Natale si avvicina e a me ricorda sempre quel periodo in cui di solito da ragazzino sotto l'albero trovavo almeno un libro di astronomia. Il profumo della carta, la voglia di leggerlo mentre fuori il brutto tempo impediva qualsiasi osservazione, i sogni a occhi aperti viaggiando tra le stelle...

Grandi sconti di Natale sui miei libri!
Per rendere accessibili a tutti queste bellissime sensazioni ho deciso che per cinque giorni, a partire da oggi, ci saranno delle promozioni molto vantaggiose su alcuni miei libri, cartacei ed elettronici.
Starà a voi scegliere l'offerta più vantaggiosa e approfittarne quante volte vorrete:

1) Il prezzo di alcuni ebook per Kindle, tra cui Astrofisica per tutti, è stato abbassato del 25%;

2) Due libri in formato ebook per Kindle e tutti i lettori di ebook (compresi PC e smartphone) saranno gratuiti fino all'11 Dicembre compreso. Si tratta di Astronomia per tutti: volume 1 e di Volando sulla Luna, il libro dedicato al nostro satellite naturale;

3) Il libro Vita nell'Universo: Eccezione o regola in formato cartaceo è offerto al prezzo di costo di soli 6 euro, in pratica è regalato perché non ci guadagno nemmeno un centesimo in questo modo (se avessi potuto venderlo gratuitamente lo avrei fatto!) e diventerà per qualche giorno uno dei libri cartacei più economici di Amazon.

Tutte queste offerte sono valide solo dal 7 all'11 dicembre 2013, senza alcun limite, quindi spargete la voce più che potete, approfittatene e, se avete un po' di tempo, dopo aver letto il libro lasciatemi una recensione su Amazon, perché la fortuna o la sfortuna di un libro dipende da cosa ne pensano i lettori.

Le offerte sono accessibili a questo link

Buona lettura!

venerdì 6 dicembre 2013

Che cos'è e come funziona l'effetto fionda?



L’effetto fionda, conosciuto anche come fly-by o assist gravitazionale è un modo ingegnoso per far accelerare o cambiare direzione alle astronavi senza utilizzare carburante ed è da diverse decine di anni uno standard di volo ben collaudato da tutte le sonde automatiche che lasciano l’orbita terrestre. 

Schematizzazione di un flyby con Giove
La tecnica prevede di rubare letteralmente un pizzico dell’immensa energia gravitazionale dei pianeti. Quando una sonda viene fatta avvicinare con un angolo appropriato a un corpo celeste, può acquisire velocità in abbondanza e cambiare a piacimento la propria traiettoria.
È questo il motivo per cui i viaggi interplanetari possono richiedere un periodo di tempo molto maggiore rispetto a una traiettoria diretta. 

Per raggiungere Saturno, ad esempio, alla sonda Cassini è stata data una spinta iniziale verso le regioni interne del Sistema Solare. Dopo qualche mese di viaggio ha raggiunto Venere. L’incontro a poche migliaia di chilometri dalla superficie ha consentito di cambiare rotta e aumentare drasticamente la velocità, proiettando la sonda di nuovo verso il Sistema Solare esterno.
Qualche altro mese di attesa, poi Cassini ha effettuato un fly-by anche con la Terra, dalla quale ha preso maggiore velocità per vincere l’attrazione del Sole e proiettarsi verso il pianeta con gli anelli, con la giusta velocità e direzione per poter entrare in orbita. 

Senza l’aiuto dei fly-by, missioni interplanetarie oltre Venere o Marte sarebbero impossibili, perché richiederebbero sforzi economici enormi per lanciare tutte le tonnellate di carburante necessarie per il viaggio e le manovre.

martedì 3 dicembre 2013

Fotografia astronomica: volando su Clavius

Clavius, enorme cratere da impatto sulla superficie della Luna, si trova in prossimità del polo sud del nostro satellite e se ripreso a grande campo mostra un effetto particolarmente suggestivo: sembra di volarci sopra con un'astronave, a poche centinaia di chilometri dalla superficie.
Godiamoci quindi un viaggio virtuale immaginando di essere tra quegli impavidi e fortunati astronauti che oltre 40 anni fa hanno avuto la fortuna di vedere da vicino questo panorama cosmico così fuori dal comune.