lunedì 15 dicembre 2014

Il mio nuovo canale Youtube dedicato all'astronomia

Era l'ultima cosa che mi mancava del mondo dei social network, così mi sono deciso a fare il grande passo e ad aprire un mio canale su Youtube nel quale caricherò con costanza alcuni brevi video di astronomia.

Le idee sono tante, il tempo un po' meno, quindi per adesso ho iniziato con il progetto "Tre minuti di Universo", una rubrica nella quale propongo video di 3-4 minuti nei quali approfondisco un tema di carattere astronomico.
Se il riscontro in termini di partecipazione sarà positivo continuerò questa esperienza, che in ogni caso sta contribuendo a rendermi un divulgatore migliore (e mi diverto pure giocando con gli effetti speciali home made del chroma key!), con altre tematiche (suggerimenti?).

Per il momento ho caricato 6 video, di cui uno di presentazione, che parlano di aurore polari, materia oscura, scontri tra galassie...
Sono tutti argomenti affrontati con parole semplici e naturalmente non in modo completo; rappresentano quindi degli spunti per accendere la curiosità e spingervi ad approfondire un argomento che avete trovato particolarmente interessante, magari acquistando uno dei miei libri!

Naturalmente è tutto fatto in casa, quindi spero che la vostra attenzione si focalizzerà di più sui contenuti che sugli effetti speciali.
Commeti, critiche e suggerimenti sono sempre ben accetti.
Per il momento buona visione!

martedì 2 dicembre 2014

Avviso ai miei lettori in merito agli ebook Kindle


Dal 1 Gennario 2015 cambiano radicalmente le disposizioni in termini di IVA nella comunità europea. In particolare, l'IVA su tutti i prodotti acquistati online non si pagherà più nel paese in cui si effettua l'acquisto ma in quello in cui risiede chi l'ha comprato.

Non è questo il luogo per discutere sulla correttezza o meno di un
provvedimento del genere, ma a me preme solo avvisarvi di quale sarà l'effetto sui miei libri acquistati su Amazon (perché di fatto il provvedimento è stato studiato su misura per Amazon).

Tutti i libri cartacei non dovrebbero subire grosse variazioni perché la legge italiana prevede un'IVA agevolata al 4% simile a quella già applicata da Amazon.

Tutti gli ebook in formato Kindle, invece, subiranno un aumento automatico del prezzo di circa il 20% a causa del fatto che la legislazione italiana non li riconosce di fatto come libri ma li tassa con l'aliquota piena al 22%. Questo provvedimento, come al solito, non toccherà le piattaforme che li vendono, in questo caso Amazon, che si limiterà ad alzare i prezzi per coprire le diverse aliquote IVA all'interno dell'Europa, ma si abbatterà solamente sui consumatori, che di fatto vedranno aumentare tutti i prezzi degli ebook kindle.

Sebbene non sia un aumento elevatissimo in termini assoluti, trovo ingiusto che la cultura venga tassata al 22%, anzi, quella digitale solamente venga tassata al 22%, e sebbene non abbia alcun potere in merito, in qualità di autore e di cittadino italiano vi chiedo scusa per quello che accadrà tra meno di un mese.

Purtroppo l'unico modo per non dover pagare ogni mio libro kindle il 20% in più è di approfittare di queste ultime settimane e farne incetta. Visto che si avvicinano anche le feste di Natale non potrebbe esserci periodo migliore per un po' di astronomia pratica e teorica.

Vi ricordo che il formato kindle può essere letto anche da qualsiasi computer e smartphone, NON solo dai lettori Kindle di Amazon, quindi chiunque abbia un dispositivo mobile ne può approfittare.

giovedì 20 novembre 2014

ALMA entra in funzione e subito sorprende

La tecnologia fa passi da gigante giorno dopo giorno e ci permette, sia se siamo semplici appassionati o studiosi del cielo, di meravigliarci e avere a disposizione una miniera di informazioni che fino a 20 anni fa sembrava pura fantascienza.

ALMA, in Cile. Un progetto molto promettente
Un altro grande passo verso una maggior comprensione del cosmo è stato ufficialmente fatto in Cile, nel più secco deserto del mondo: Atacama, conosciuto anche come il paradiso degli astronomi (dilettanti e professionisti).
E' in questa lingua larga non più di 200 km e lunga qualche migliaio che all'inizio di novembre è ufficialmente entrato in funzione, quasi a pieno regime, il telescopio ALMA, acronimo per Atacama Large Millimeter/submillimeter Array.

In realtà non si tratta di un telescopio singolo come siamo abituati a immaginare, ma di una rete di radiotelescopi che osservano principalmente alla lunghezza d'onda delle microonde che si possono muovere ed estendere fino a coprire un lato di 15 chilometri.

Grazie alla tecnica dell'interferometria è possibile sfruttare in pieno le proprietà della luce per aumentare il potere risolutivo degli strumenti e carpire dettagli sempre più fini dell'Universo. In particolare,  l'interterometria combina la luce ripresa da una rete di telescopi e permette di raggiungere un potere risolutivo pari a quello che si avrebbe se si osservasse con un unico telescopio il cui diametro è pari alla distanza massima tra due parabole. Poiché le antenne di ALMA raggiungono un'estensione di 15 chilometri, la risoluzione raggiungibile è la stessa che avrebbe un singolo radiotelescopio di pari diametro, con il grande vantaggio di poter operare con telescopi più piccoli, maneggevoli ed economici.
Alle lunghezze d'onda submillimetriche si ha anche il vantaggio di non dover combattere con la fastidiosa turbolenza atmosferica, che degrada enormemente le immagini nel visibile.

Il risultato, quindi, è una risoluzione paragonabile a quella raggiunta dal telescopio spaziale Hubble, circa 0.0035 secondi d'arco.
Le lunghezze d'onda millimetriche hanno anche il grande vantaggio di non essere molto assorbite dalle polveri interstellari e quindi ci consentono di osservare fenomeni che fino a questo momento abbiamo solo teorizzato e simulato al computer.
Ripreso per la prima volta un sistema planetario in formazione.

La prima immagine di ALMA ha già stupito tutti quanto a bellezza, risoluzione e portata scientifica. A 450 anni luce di distanza, le antenne hanno ripreso la giovanissima stella HL Tauri. Probabilmente non più vecchia di un milione di anni, per le scale temporali dell'Universo è praticamente una neonata. Ma la sorpresa non è l'età, piuttosto quello che c'è attorno alla stella: un disco di polveri che sta formando molto probabilmente un sistema planetario. L'immagine è così definita che si possono osservare anche delle lacune nel disco, laddove quasi certamente si stanno formando pianeti.
E questo è il grande problema: tutte le nostre teorie sulla formazione dei sistemi planetari dicono che serve molto più tempo affinché dal disco di polveri inizino a formarsi corpi di taglia planetaria. A quanto pare, osservando questa straordinaria immagine, siamo ben lungi dall'aver compreso il meccanismo di nascita dei pianeti. L'aiuto di ALMA, allora, sarà davvero fondamentale.

Per approfondire: http://www.eso.org/public/news/eso1436/

lunedì 17 novembre 2014

Una delle più grandi tempeste di meteore mai verificatesi

Purtroppo c'è una brutta notizia prima di proseguire, anzi due: la prima è che la tempesta c'è già stata, la seconda è che non potevamo comunque vederla perché è avvenuta su Marte.

La madre di tutte le tempeste di meteore
Il 19 Ottobre scorso si è verificato un evento estremamente raro, stimato con una frequenza di uno ogni qualche milione di anni: una cometa è passata estremamente vicino a Marte, a poco più di 130 mila chilometri dalla superficie, 3 volte più vicina della nostra Luna.
Siding Spring, questo il nome della cometa, ha sfiorato il pianeta rosso evitando per poco un impatto che sarebbe stato catastrofico, ma ha lasciato una grande e spettacolare traccia della sua presenza a così breve distanza. La sua estesa chioma e la coda hanno infatti interagito, come ampiamente previsto, con l'atmosfera di Marte, causando come più spettacolare effetto collaterale un'incredibile e inimmaginabile tempesta di stelle cadenti.

Sebbene nessuna delle sonde attorno al pianeta e dei rover sulla superficie abbia ripreso in diretta questo evento (anche per questioni di sicurezza), dopo il passaggio della cometa la sonda della NASA MAVEN, osservando la porzione di atmosfera che è stata attraversata dalla chioma e dalla coda, ha rilevato una grande quantità di "fumi" causati dalle migliaia, forse milioni di scie prodotte dalle meteore bruciate nella sottile atmosfera marziana.

La cometa si è dimostrata molto più "polverosa" di quanto ci si aspettasse e ha prodotto uno spettacolo di migliaia di stelle cadenti l'ora che sarebbero risultate davvero spettacolari per chiunque si fosse trovato sulla superficie del pianeta rosso.

Oltre alle meteore, l'interazione tra la chioma della cometa e l'atmosfera di Marte ha sensibilmente modificato quest'ultima, arricchendola di polveri e metalli, regalando, probabilmente, un bel tramonto rosso/giallo al rover Curiosity, ed è riuscita persino a creare per diverse ore uno strato completamente ionizzato, detto ionosfera, che su Marte, al contrario che sulla Terra, esiste solamente di giorno quando viene illuminato dal Sole.

Per approfondire: http://www.universetoday.com/116005/mind-blowing-meteor-shower-on-mars-during-comet-flyby-say-nasa-scientists/

mercoledì 12 novembre 2014

Siamo arrivati su una cometa. Philae ce l'ha fatta! [Aggiornamento]

Aggiornamento 12/11 22:50
Nonostante il grande successo della missione di Philae, non tutto è filato liscio, anzi.
Subito dopo il contatto sembra che gli strumenti di bordo abbiano registrato dei movimenti di qualche decina di centimetri. Inoltre la telemetria di Philae era intermittente: il segnale andava e veniva. Subito i sistemi avevano mostrato che gli arpioni con cui la sonda doveva agganciarsi al suolo della cometa non erano stati sparati. Inoltre, già dal giorno prima si sapeva che il piccolo razzo che avrebbe dovuto schiacciare per pochi secondi la sonda sulla cometa per evitarne il rimbalzo era fuori uso. Tutti questi indizi hanno convinto i tecnici di missione che la sonda Philae ha di fatto rimbalzato qualche decina di centimetri dopo aver toccato per la prima volta il suolo cometario. La rotazione residua delle fasi di avvicinamento ha causato le interruzioni del segnale. Ora sembra che il segnale si sia stabilizzato e che la sonda, forse, ha ritoccato il suolo. Ma gli arpioni sicuramente non sono stati sparati e la posizione potrebbe essere precaria. Dall'ESA non trapela nient'altro e dovremo aspettare il 13 novembre mattina per avere notizie certe. Intanto non sono ancora giunte immagini dalla superficie della cometa, ma anche queste sono attese entro poche ore.
Con la speranza che la piccola sonda possa posarsi con forza sulla cometa e con l'inclinazione giusta, aspettiamo ulteriori aggiornamenti.

Intanto, per capire perché siamo andati su una cometa e quali implicazioni ha questo anche per la nostra vita, se non altro dal punto di vista dell'insegnamento di alcuni valori ormai dimenticati, godetevi questo spettacolare video dell'ESA sulla missione Rosetta

Philae ce l'ha fatta!
Per la prima volta nella nostra storia siamo riusciti a portare un manufatto automatico grande come una lavatrice sulla superficie di una cometa, a mezzo miliardi di chilometri di distanza.
E' un momento storico, secondo per importanza solo allo sbarco sulla Luna, ma se vogliamo ancora più difficile e straordinario. Si', perché la Luna, in fin dei conti, è a 4 passi da casa ed è molto grande. La cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko è un sasso grande quanto una montagna terrestre e ha una forza di gravità così bassa che basterebbe il salto di un gatto per sfuggire dalla sua attrazione. Ed è per questo che la missione, sotto certi punti di vista, è stata la più complessa mai realizzata.

Emozionante e incredibile quindi dal punto di vista tecnologico, perché è stata una vera sfida, un po' come l'intera missione Rosetta.
Affascinante dal punto di vista scientifico perché ora avremo un preziosissimo laboratorio su una cometa che potrà dirci come sono fatti e cosa contengono questi oggetti e, magari, qual è l'origine della nostra stessa esistenza.

Ma il momento è storico e fondamentale anche e soprattutto per la nostra società e per gli insegnamenti morali e culturali che ci regala.
Perché, lo so, ci sarà molta gente che pensa che tutto questo sia stato solo un grande spreco di risorse. Non è così, sia dal punto di vista prettamente materiale, perché il costo per l'Italia e i singoli stati è stato irrisorio rispetto al budged dello stato (anzi, a fare il cattivo potrei azzardare che il prezzo pagato dall'Italia è stato inferiore rispetto a quanto si spende per mantenere un giorno l'intera nostra classe politica), ma anche e soprattutto per il messaggio che questa lavatrice a mezzo miliardi di chilometri di distanza ci ha consegnato.

Un messaggio che ci fa vedere cosa significa la cooperazione tra stati (più di dieci!), tra enti di ricerca in cui lavorano decine di migliaia di persone serie che attraverso mille difficoltà, soprattutto economiche, non hanno mai rinunciato ai loro sogni, a fare quello che gli piace.

Il messaggio diretto all'umanità è quello di smettere di farsi la guerra ma anche e soprattutto di smettere di guardare limitatamente al proprio giardino di casa.

Il messaggio è di alzare lo sguardo, di prendere in mano le nostre vite, diventare persone migliori, imparare a collaborare, a rispettare il prossimo e a sognare.

Non lasciamo che problemi quotidiani, irrisori rispetto all'Universo che ci circonda, ci facciano dimenticare le nostre potenzialità, le nostre meravigliose capacità. Se siamo in grado di atterrare su una cometa, siamo in grado di fare qualsiasi altra cosa. Rialziamoci, se ci siamo seduti, e soprattutto non perdiamo mai il contatto con la nostra parte emozionale e sognatrice. Perché la vita può darci molti colpi, è vero, ma il modo peggiore per affrontarli è smettere di sognare, smettere di avere una visione d'insieme, per certi versi anche romantica, e sicuramente profonda della nostra esistenza.
Non siamo animali, siamo esseri intelligenti sognatori che meritano di continuare a sognare; non lasciamoci spegnere da problemi e dalla superficialità che a volte sembra essere la risposta più facile in certi momenti, ma che è il modo effettivamente più semplice per gettare al vento la propria vita.
Non è retorica tutto questo, ma un bell'esempio di un mondo che funziona.

Facciamo tesoro di tutto ciò e impariamo, perché le lezioni nella vita possono arrivare anche dallo spazio profondo. Grazie Rosetta, grazie Philae

lunedì 10 novembre 2014

Philae sta per tentare l'impresa: atterrare su una cometa!

E' senza dubbio la missione automatica più ambiziosa, pericolosa e forse persino folle, ma nella scienza, e in generale nel progresso, un po' di razionale follia serve per provare ad abbattere delle barriere.

Philae sta per atterrare su una cometa
E così il prossimo 11 novembre ci sarà un appuntamento con la storia da non perdere: per la prima volta gli esseri umani proveranno a far atterrare sulla scoscesa superficie di una cometa una piccola sonda automatica. Philae, per ora saldamente agganciata alla sonda madre Rosetta, prenderà il volo e colmerà, si spera senza imprevisti, la distanza di poche decine di chilometri che la separa dalla superficie della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, posandosi delicatamente sulla superficie il 12 novembre.

E' una manovra mai tentata prima, aggravata dal fatto che quando la sonda madre Rosetta è arrivata nei pressi della cometa, nessuno si aspettava di trovare un corpo celeste così irregolare e angusto, sul quale atterrare sembra un'impresa ancora più difficile delle più pessimistiche previsioni.

Ma l'ESA ormai è abituata a tentare manovre mai provate prima: ha iniziato nel 2004 quando è riuscita a far depositare dolcemente la capsula Huygens su Titano, la prima volta su un satellite di un altro pianeta. Ha proseguito con la stessa sonda Rosetta, che è riuscita nell'impresa di mettersi in orbita stabile attorno a una cometa di circa 4X3,2X1,3 km che ha la forza di gravità di una montagna terrestre, e nemmeno troppo alta.
Ora è il momento di aggiungere l'ultimo tassello mancante a una serie di imprese che stanno inevitabilmente cambiando la storia delle esplorazioni automatiche.

La zona di atterraggio, scelta dopo una lunga analisi delle immagini ad altissima risoluzione fornite da Rosetta, è stata soprannominata Agilkia e si trova su una piccola pianura su uno dei lati lunghi di questo masso cosmico alquanto particolare.

Come andrà a finire non si può sapere, ma intanto prepariamoci alla diretta visibile sul sito dell'ESA a partire dalle 20 ora locale dell'11 novembre. Le fasi finali dell'atterraggio sono previste per il 12 novembre alle 15 ora locale. Comunque vada dobbiamo essere orgogliosi di appartenere all'umanità, che è capace di cose ben più grandi di lei quando riesce a smettere di farsi la guerra.

Link per approfondimenti e per la diretta: http://www.esa.int

giovedì 6 novembre 2014

Uno strumento fondamentale per lo studio delle stelle: il diagramma HR


Per cercare di comprendere il funzionamento di una famiglia di corpi celesti, in questo caso le stelle, e individuare tutte le regole che la Natura ha deciso (se ci sono!), dobbiamo avere un approccio logico e metodico che prevede l’osservazione di un gran numero di oggetti e l’estrapolazione di alcune caratteristiche comuni.
In modo del tutto generale le principali proprietà di una classe di oggetti si mettono in luce confrontando due o più grandezze che riusciamo a misurare attraverso le osservazioni per vedere se esiste una relazione semplice che le mette in correlazione.
Se gli oggetti celesti fossero costruiti in modo casuale non esisterebbe alcuna correlazione, ad esempio, tra massa e luminosità, oppure tra luminosità e colore.
Se, al contrario, attraverso le osservazioni i grafici che si costruiscono mostrano delle correlazioni, ecco che siamo in grado di caratterizzare tutti gli oggetti dell’Universo appartenenti a quella determinata categoria, attraverso l’individuazione delle regole fisiche alle quali obbediscono.
Nel caso delle stelle, studiando la luminosità e il colore possiamo scoprire qualcosa di veramente molto interessante e potente per comprenderne il funzionamento e le proprietà.
Lo strumento fondamentale è il diagramma HR, abbreviazione di Hertzsprung-Russell, i due astronomi che per primi, in modo indipendente, l'hanno creato. Si tratta di un semplice grafico che cerca un collegamento tra due grandezze che riusciamo a misurare per le stelle. Sull'asse delle X si pone la temperatura o gli indici di colore, tipicamente B-V. Questi sono semplicemente differenze di magnitudine tra due bande spettrali, in questo caso Blu - Visibile, e ci dicono in pratica quanto è blu o rossa una stella. Poiché il colore è legato alla temperatura, questa scala può essere sovrapposta con la temperatura superficiale delle stelle.
Sull'asse delle Y, invece, va inserita la magnitudine assoluta, o in alternativa la luminosità assoluta delle stelle. Attenzione perché qui c'è una trappola, poiché la magnitudine assoluta di un astro si può conoscere solamente se si ha a disposizione una precisa stima della sua distanza. In effetti, se scegliessimo un campione casuale di stelle e misurassimo solamente la loro magnitudine apparente, questa sarebbe influenzata non solo da eventuali differenze fisiche, ma anche e soprattutto dalle differenti distanze. Poiché siamo alla caccia delle eventuali regole con cui la Natura ha plasmato questi astri, non vogliamo di certo che il nostro lavoro sia influenzato da un fenomeno come la distanza che non c'entra proprio nulla.
Il problema è che stimare la distanza di un gruppo a caso di stelle e averne in numero sufficiente per capire se ci sono correlazioni tra la magnitudine assoluta e il colore non è per niente facile, né veloce, né, forse, ci dà tutte le informazioni che potremo sperare di ricavare. 
 
Con un approccio alternativo e furbo, si può costruire quello che viene detto diagramma HR osservativo, o semplicemente diagramma colore-magnitudine. Poiché conoscere la distanza di ogni stella e di conseguenza la sua magnitudine assoluta è piuttosto complicato, eliminiamo il suo effetto sulla luminosità osservata scegliendo un campione di stelle che sappiamo essere tutte più o meno alla stessa distanza da noi. Gli oggetti migliori per questo scopo sono gli ammassi aperti e gli ammassi globulari, gruppi compatti e legati che in effetti possiamo considerare come composti da stelle che si trovano tutte a distanze molto simili da noi. In questo caso, allora, qualsiasi differenza nella luminosità apparente, che misuriamo molto bene, corrisponde esclusivamente alle proprietà intrinseche dell'astro e non è influenzata dalle diverse distanze in gioco. In queste situazioni, quindi, sull'asse Y inseriamo la magnitudine apparente e, benché i valori singoli dipenderanno naturalmente dalla distanza, l'eventuale correlazione che troveremo avrà esattamente lo stesso andamento rispetto al classico diagramma HR teorico. 

Bene, teorico o osservativo, se un grafico di questo tipo è fatto bene, cosa dovrebbe mostrarci? Esiste una correlazione tra la luminosità intrinseca delle stelle e il loro colore? 
Ebbene, questa correlazione esiste ed è estremamente marcata. Il diagramma HR, per qualsiasi campione di stelle che riusciamo a osservare, è sempre lo stesso. Questo dimostra, senza ombra di dubbio, ciò che poteva sembrare impossibile: le stelle, tutte, obbediscono a regole ben definite. La Natura non ha costruito questi oggetti a caso, come un artista che guidato dalla sua ispirazione dipinge una splendida opera su una tela o crea una soave poesia. Non esiste caso, non esiste improvvisazione nella costruzione e nelle proprietà delle stelle. E benché il nostro lato artistico e un po' anarchico potrebbe risentirne, questa è proprio l'assoluta bellezza dell'Universo: una macchina nella quale ogni minimo ingranaggio si incastra perfettamente seguendo regole ben definite. L'alternativa a questa stretta disciplina sarebbe terribile: la distruzione dell'intero Universo.

Nei prossimi post approfondiremo la miniera di informazioni che questo fondamentale strumento è in grado di darci, persino sull'evoluzione e l'età delle stelle.
 
Il diagramma HR. Tutte le stelle dell'Universo seguono queste regole. Non esistono, ad esempio, stelle con indice di colore 0.5 e magnitudine assoluta 0.1.
 

lunedì 15 settembre 2014

Nuovo libro: Come rilevare esopianeti con il proprio telescopio

Allora, il calcolo preciso in questo momento mi sfugge, ma secondo le ipotesi più accreditate questo dovrebbe essere il libro numero 31. Ma, conteggi a parte, vediamo di cosa si tratta.

Intanto, se non avete voglia di leggere tutto il papiro che segue, vi dico subito che il libro si può acquistare solo su Amazon, seguendo questo link.



Chi mi segue su facebook avrà già saputo che in queste ultime settimane mi sono dedicato alla redazione di un manuale, dedicato agli astrofili, che si pone un obiettivo molto ambizioso: rilevare con strumentazione amatoriale, anche molto economica, pianeti extrasolari in transito di fronte al disco delle loro stelle. No, non è fantascienza, anzi, è una delle più grandi sorprese e opportunità che ci regala la moderna tecnologia digitale e i telescopi sempre a più buon mercato.
L'unico manuale completo per rilevare esopianeti
Qualcuno spesso mi ha chiesto, un po’ scettico, se fosse realmente possibile per un astrofilo rilevare l’impronta di un pianeta esterno al sistema solare e se questo non fosse appannaggio esclusivo dei mastodontici telescopi professionali.
La mia risposta, sintetica ma efficace è quasi sempre la stessa: è possibile perché io ne ho scoperto uno di pianeta extrasolare con un telescopio newtoniano cinese da 25 cm comprato usato a 300 euro e una camera CCD composta da meno di mezzo milione di pixel (sì, meno di 0.5 MP!). Era il 2007, quando in contemporanea a un astro astrofilo, Claudio Lopresti, fummo i primi italiani e i primi amatori in assoluto a scoprire il transito di un pianeta extrasolare, HD17156 b.
In quel periodo sviluppai una tecnica di acquisizione e riduzione dei dati che in teoria potrebbe permettere di rilevare o scoprire pianeti extrasolari addirittura simili alla Terra attorno alle stelle rosse di classe M. Ora, a distanza di tanto tempo, ho deciso di raccogliere tutte quelle conoscenze in un manuale, prima che la mia memoria cominci a cancellarle per fare posto ad altri ricordi.

Il libro è diviso in due parti e ha un duplice scopo: la prima parte è introduttiva e cerca di dare delle basi scientifiche rigorose, compreso il linguaggio, che dovrebbero accompagnare qualsiasi lavoro di ricerca. Non fatevi spaventare; è un linguaggio leggermente diverso rispetto a quello comunemente parlato, ma, oltre a essere semplice, ha il dono di essere chiaro e preciso, limitando al minimo le interpretazioni; qualcosa che potrebbe servirci anche nella vita comune per migliorare il nostro potere comunicativo e la nostra interpretazione della realtà!
La seconda parte, molto più descrittiva, affronta passo-passo la tecnica di acquisizione e riduzione dei dati. Per la fotometria differenziale ho scelto di illustrare il funzionamento di IRIS, perché gratuito, e Maxim DL perché estremamente semplice (fa fotometria in meno di un minuto!), ma naturalmente si possono ottenere curve di luce con qualsiasi altro programma. Vedrete che la strumentazione richiesta e la tecnica di acquisizione ed elaborazione sono molto più semplici di quanto sia richiesto per ottenere una buona fotografia del profondo cielo e alla fine si tratta solo di prendere la mano con un mondo, quello della ricerca, estremamente affascinante e, in questo caso, anche relativamente semplice.

Qualche passaggio, forse, potrebbe non essere di immediata comprensione, ma questo non è un libro divulgativo da leggere sotto l'ombrellone; è un manuale da studiare e comprendere fino in fondo, perché il gioco, sebbene divertente, questa volta è serio e non è possibile fare ricerca, anche con strumentazione amatoriale, senza sapere cosa si sta cercando e come farlo. E alla fine è proprio questo il bello della ricerca, ciò che la eleva al di sopra di molti divertimenti più semplici ma anche più effimeri: la possibilità di essere consapevolmente protagonisti, e non più semplici spettatori passivi, del progresso del genere umano e della nostra conoscenza dell'Universo.

Il manuale è disponibile al momento solo in versione cartacea a un prezzo molto vantaggioso: meno di 10 euro ed è l’unica guida completa sull’argomento disponibile in lingua italiana.  

A questo link è possibile scaricare un estratto gratuito in PDF del libro che mostra la prefazione, l’indice, l’introduzione e una parte del capitolo sulla tecnica di ripresa; giusto per stuzzicare la vostra voglia di nuove emozioni e sfide che potrebbero far entrare il vostro nome nella storia dell’astronomia.

venerdì 29 agosto 2014

L'indescrivibile bellezza delle aurore



Sono le 20 e il cielo è ancora chiaro; ci si chiede come sia possibile e se mai avrà inizio la notte.
Io e il Marco più anziano, irrazionali e impazienti, ci siamo già ritrovati casualmente fuori per un paio di sopralluoghi. Il cielo sembra velato, ma qualche stella si vede e Giove è un faro. Non ci resta che sperare e avere la forza di aspettare che il chiarore del tramonto se ne vada presto.
L'aurora danza nel cielo
Impazienti e nervosi decidiamo di andare a cena abbandonando gli ingombranti abiti termici al posto di qualcosa di più comodo e meno caldo, sperando che l’imminente pasto riesca a far passare il tempo e che questa sera, dopo la cocente delusione avuta ieri sotto chilometri di nuvole e nebbia da pianura padana, l’aurora si mostrerà a noi. 

Nell’aria c’è speranza, tensione e tanta paura in ogni gesto, mano a mano che il crepuscolo si affievolisce. Un sentimento irrazionale che sta per sfociare nella fobia di non veder nulla, alimentata più della benzina sul fuoco dal fatto che una delle tre notti è già trascorsa e ci ha regalato solamente delusione. Una disperata delusione tappata da neve e nuvole che hanno nascosto a noi e a pochi altri uno degli spettacoli più grandi degli ultimi dieci anni, una fiammata dell’aurora che si è spinta addirittura fino all’Inghilterra e alla Danimarca.
Si ha la sensazione di non poter far nulla, di aver perso la grande occasione; la beffa di un destino che a volte sembra fin troppo crudele. E oggi, dopo che il Sole ci ha quasi abbronzato, il cielo si è improvvisamente velato proprio al tramonto. Sarà il presagio di un’altra serata nuvolosa?
Il cuore è in gola; le mani tremano in questa calda stanza d’hotel più di quando oggi a -10°C scalavano senza guanti la cima di una montagna. 

Con molta calma percorro il corridoio lungo che separa la mia camera da quella dei due Marco e dalla hall e mano a mano che mi avvicino sento l’inconfondibile caciara che solo un gruppo di italiani può fare. E chi altri possono essere se non i miei compagni di avventura, visto che di altri connazionali in questo albergo non ve ne è traccia?
Incuriosito mi avvicino alla loro porta aperta e improvvisamente vengo proiettato in un altro mondo come un potentissimo razzo.
Il Marco più esperto, l’organizzatore del viaggio, mi guarda con occhi lucidi e sprizzanti una felicità senza pari e poi esclama, incurante del casino che sta facendo:
“C’è!!! C’è l’aurora fuori! Vieni a vedere, andiamo a vedere, s’è accesa!!!”.
Mentirei se dicessi che mi ricordo le azioni e il tragitto fatto dopo questa sua frase; so solo che in un lampo ci siamo proiettati fuori in felpa, jeans e scarpe da ginnastica, fregandocene dei -10°C e con lo sguardo rivolto in alto. 

E appena usciti il battesimo dell’aurora è stato ufficiale. Nel cielo ancora un po’ chiaro, sotto i lampioni dell’hotel, in mezzo a gente che in mezze maniche si gode la fresca serata e se ne frega di quello che accade in cielo, io non vedo altro che pura meraviglia. Da orizzonte a orizzonte, proprio sopra di noi, due lunghissimi fiumi verdognoli, in apparenza fermi, sembrano trasportare milioni di litri d’acqua celeste. L’aurora, Signori; questa è l’aurora. Non posso crederci, non riesco a capire, non posso pensare. Vedo molto bene delle tenui striature e percepisco anche il loro lento movimento; ammiro l’acqua cosmica muoversi, la corrente trasportare via me e tutte le paure.
Questo è uno di quegli eventi che non dimenticherò mai, scolpito nella mia memoria fino alla fine dei giorni, lo so già. E poco importa se l’altro Marco, l’astrofilo navigato, quasi mezzo schifato esclama:
“Sì, va beh ragazzi, ma che è sta schifezza. Aspettate di vedere l’aurora vera, questa non è niente a confronto”. Probabilmente ci crede a quello che dice, anzi, ne sono sicuro, ma il suo comportamento tradisce un sentimento che la razionalità del suo pensiero non riesce a tenere a bada per molto tempo. E infatti in questo piazzale composto e pieno di persone che si godono la propria vita in pace, noi 5 italiani bambini urliamo come se in cielo avessimo visto la mistica apparizione di qualcosa di sovrannaturale. E probabilmente, almeno per noi, drogati di astronomia e ubriachi di vita, è proprio così. Tra gesti di giubilo, scatti improbabili delle nostre macchine fotografiche e un freddo che non è mai stato così caldo, ci godiamo questo momento con la speranza, fortissima, che sia solamente l’inizio di una serata memorabile.
Io vago nel piazzale bianco cercando un pizzico di solitudine e un riparo dai lampioni. Scatto immagini mentali di tutto quello che sto vedendo; con gli occhi, con il respiro di quest’aria pura e profumata, con la pelle che non trema al freddo di quest’assaggio di notte polare. 

Non so chi lo abbia fatto notare, ma sono già passate le 20 e noi abbiamo un appuntamento al ristorante sottostante di cui ora faremo volentieri a meno. La cena, da piacevole passatempo per scaricare la tensione in vista della nottata decisiva, si è appena trasformata in un enorme impedimento tra noi e il cielo, tra noi e il puro godimento.
La voglia di saltarla è enorme, ma Marco, più esperto e razionale, ci convince che in realtà questo spettacolo è solo un antipasto e che dopo la cena potremo assistere a qualcosa di grandioso, quindi tanto vale mangiare velocemente e poi andarcene in un luogo più scuro per godere del nostro attimo di eterno stupore. E allora, tra una foto e l’altra, tra un “dammi un minuto” e l’altro, con estrema fatica ci convinciamo a rientrare dentro, anche perché l’aurora sembra darci una piccola tregua.

Entriamo nel ristorante esaltati e irrequieti, sperando di finire presto quest’imprevista carcerazione. Ci sediamo e la prima cosa che facciamo è accedere alla pagina web che propone le immagini in diretta dell’aurora, proprio da una stazione a pochi chilometri da qui. Se il cielo si accenderà come hanno raccontato i due Marco qui di fronte a me, scapperemo fuori di corsa portandoci dietro chiunque si intrometterà sulla nostra strada!

Dopo l’ora più lunga della mia vita, arriva finalmente il grande momento. L’aurora sembra averci aspettato e noi, di fretta, ci vestiamo come astronauti e ci incamminiamo, speranzosi e con gli occhi più scintillanti di queste stelle sopra di noi, verso una lunga salita innevata che ci porterà in cima alla collina, là dove ci aspetta un grande piazzale privo di luce e, per gli amanti del caldo, la baita riscaldata. 

La salita, nonostante sia ripida, non la sente nessuno: corriamo come degli adolescenti e scoppiamo di caldo come fossimo in pieno agosto.
L’unico momento per riposare è quando ogni poche decine di secondi rallento perché cerco lo sguardo al cielo per vedere cosa mi riserva. Intravedo qualcosa. In una situazione normale avrei detto nuvole, ma so che è l’aurora perché qui non ci sono così tante luci nel raggio di 300 km da illuminare talmente bene il cielo.
Lungo è il tragitto e la tentazione di fermarsi per fotografare ma sento, sentiamo, che non c’è tempo, che dobbiamo arrivare prima possibile nella nostra postazione.
E così, dopo una sfiancante corsa, giungiamo nel piazzale gremito di altri osservatori. E non c’è tempo neanche per cercare la posizione migliore che il cielo s’accende davvero.
Di fronte a noi, senza il minimo sentore, precipita giù a grande velocità un’immensa cascata color verde acceso. Si sgrana, si muove come un serpente irrequieto; sembra quasi di vedere le scaglie che fanno presa sul terreno. Le differenze linguistiche di tutti questi curiosi che condividono il piazzale, provenienti da ogni parte d’Europa, si abbattono all’istante di fronte allo spettacolo dell’Universo, davanti allo stupore più puro che tutti gli uomini esprimono allo stesso modo, con la stessa parola trascinata all’infinito: Wooow.

L’aurora nel cielo danza senza fine e tutti noi siamo a corto di fiato. Il serpente si ingrandisce, si circonda di amici, si colora a tal punto da illuminare di verde il paesaggio intorno. E’ una sensazione di rara bellezza perché mai nessuno ha visto l’Universo muoversi persino più veloce di quanto il nostro cervello riesca a elaborare. Di fronte a noi, poi dietro, poi ancora sopra, proiettando sulle le nostre teste un’inquietante ma affascinante effetto pioggia, una pioggia velocissima e colorata che sembra investirci. Ma tutti sappiamo che non c’è alcun pericolo; lo sappiamo non con la ragione ma con il cuore. Sappiamo che questa meraviglia è troppo bella per ferirci e allora, invece di aprire immaginari ombrelli per ripararci, allarghiamo le braccia sperando di raccogliere questa pioggia lucente che tinge il cielo e tutto il nostro mondo. 

Ci si sente allo stesso tempo piccoli e grandi, insignificanti e potenti perché noi fragili esseri, minuscoli per un Universo ben più esteso della nostra immaginazione, abbiamo l’enorme dono di poter assaporare con coscienza questo spettacolo. Ci si rende conto di avere la responsabilità, bellissima, di sentirsi ambasciatori dell’Universo stesso, che attraverso di noi acquista coscienza della sua grandiosità, compiacendosi del perfetto lavoro che ogni volta riesce a svolgere.

Passano i minuti, ma l’irrequieto turbinio del cielo non si vuol placare e noi non possiamo che ringraziare e sentirci, una volta tanto, davvero fortunati.
Lentamente riacquistiamo abbastanza lucidità per iniziare a fare qualche improvvisata fotografia, ma l’aurora è così intensa che già con qualche secondo di esposizione, con le stelle che si vedono a malapena sul fotogramma, la luce verde diventa bianca da quanto è luminosa.
Ognuno di noi, ora, è solo; solo con il suo mondo, solo nel suo personale rapporto con il cielo. E questa solitudine condivisa fa parte del gioco e rende tutto semplicemente unico.
Provo ancora a fare qualche scatto con quello che ho. L’aurora è così estesa che ci vorrebbe un grandangolare ma io non ce l’ho. Riprendo a 800 ISO, con il diaframma tutto aperto per una decina di secondi al massimo, sperando di fermare il movimento del serpente, ma invano. Benché i colori siano più evidenti in fotografia, l’occhio ha una visuale, una dinamica e soprattutto un tempo di esposizione così breve che è l’unico strumento capace di congelare i movimenti di questi fiumi di luce color smeraldo. Nessuna foto può rendere l’idea di movimento e rappresentare degnamente le sottili e lunghissime linee seguite dalle particelle luminose.
Proprio per questo decido di impostare automaticamente la fotocamera, puntata in una zona a caso del cielo, e sedermi in terra, meglio, sulla polvere di ghiaccio, per ammirare in silenzio questo spettacolo unico fino a quando non si stancherà di mostrarsi a noi. 

Se volete dare un'occhiata alle immagini che ho scattato, seguite questo link.
Se invece volete avere idea dei movimenti dell'aurora in un bellissimo video del mio compagno di avventura Marco Bastoni, cliccate qui e proiettate il video a tutto schermo

venerdì 18 luglio 2014

Di che colore sono le galassie?

Questo post è un estratto del mio libro: 125 Domande e curiosità sull'astronomia, disponibile in formato ebook e in cartaceo.


Questa domanda ha implicazioni davvero profonde e ci permette di capire meglio le proprietà delle galassie.
Il colore globale di una galassia è determinato dal colore predominante delle centinaia di miliardi di stelle di cui sono formate. Gas e nebulose contribuiscono molto poco al colore di una galassia.
Le galassie ellittiche di grandi dimensioni hanno un colore tendente al giallo.
Le ellittiche piccole, dette nane, hanno una tonalità tendente all’azzurro.
Le galassie a spirale hanno una tripla colorazione. I bracci sono nettamente azzurri, mentre il nucleo tende in modo evidente al giallo. Infine, le regioni tra i bracci di spirale appaiono bianche o al limite leggermente giallastre.
Le irregolari, infine, sono quasi tutte estremamente blu. 

I diversi colori delle galassie
Perché colori così diversi?
Semplice, quanto affascinante.
Il colore delle stelle, se ben ricordiamo, dipende dalla temperatura, la quale dipende (almeno nella grande maggioranza dei casi) dalla massa. Ma stelle più massicce hanno una vita sensibilmente più breve degli astri più snelli.
Di conseguenza le galassie con un colore tendente all’azzurro sono ricche di giovani e calde stelle blu, quindi sono oggetti ancora attivi e presumibilmente piuttosto giovani.
Al contrario, le galassie con una tonalità gialla sono oggetti composti esclusivamente di stelle molto antiche, per i quali la nascita di nuove stelle non è più attiva. 

Per le galassie a spirale, i diversi colori ci permettono di dire altre cose. La zona rigonfia nei pressi del centro è composta da stelle gialle e rosse, quindi è vecchia e priva di processi di formazione stellare.
La tonalità nettamente azzurra dei bracci di spirale conferma il modello secondo cui i processi di formazione stellare si sviluppino in queste fondamentali regioni e sono tuttora attivi.
Le zone del disco al di fuori dei bracci appaiono tendenti al bianco/giallo, indice che si tratta di regioni più vecchie perché povere di astri molto blu, ma più giovani del nucleo perché contengono ancora alcune componenti bianco/azzurre formatesi qualche decine di milioni di anni prima, quando si trovavano su uno dei bracci.

martedì 15 luglio 2014

Come si è formata la Luna?

Questo post è un estratto del mio libro: 125 Domande e curiosità sull'astronomia, disponibile in formato ebook e in cartaceo.


Tra i numerosi satelliti dei pianeti, la Luna è sicuramente il più interessante, non perché satellite del nostro pianeta, ma da un punto di vista prettamente astronomico.
I satelliti degli altri pianeti, in effetti, sono molto più piccoli in rapporto alle loro dimensioni. Phobos e Deimos, lune di Marte, hanno dimensioni di pochi chilometri, contro i 6700 km del raggio planetario.
Il confronto diventa impietoso con le lune di Giove. Ganimede, la più grande del Sistema Solare, addirittura di dimensioni maggiori di Mercurio, ha una massa infinitesima in confronto al gigante che la ospita.

La Luna, invece, fa eccezione. Rispetto alla Terra è appena 81 volte meno massiccia e solamente 4 volte più piccola.
Questo per gli astronomi ha rappresentato un grande problema.
Come si è formata la Luna?
Un pianeta ha sostanzialmente due modi per acquisire satelliti.
I più grandi generalmente si formano nelle vicinanze del pianeta, dai resti dei detriti non utilizzati dal corpo principale, un po’ come è successo per il Sole e i pianeti, ma su scala ridotta.
Il secondo metodo è quello della cattura gravitazionale. Quando un piccolo asteroide transita casualmente nei pressi di un pianeta molto più grande, è possibile che il campo gravitazionale lo catturi. Questo è probabilmente il modo in cui Marte ha guadagnato le sue piccole lune.
I corpi celesti catturati si riconoscono dalla forma irregolare, da una composizione chimica molto diversa da quella del pianeta e da orbite non regolari.
Molti dei piccoli satelliti di Giove e Saturno si pensa siano asteroidi catturati in miliardi di anni di storia.

Cosa dire, invece, della Luna?
Le sue grandi dimensioni escludono l’ipotesi di una cattura gravitazionale da parte della Terra, ma allo stesso tempo escludono anche l’ipotesi che possa essersi formata contemporaneamente al nostro pianeta.
La composizione chimica è simile a quella del mantello terrestre, ma è povera di elementi pesanti come ferro e nichel che invece sono abbondanti in molti asteroidi e pianeti.
Dopo molti anni di ricerche, gli astronomi sono arrivati a ipotizzare che la Luna non è altro che una costola della Terra.
Pochi milioni di anni dopo la formazione del nostro pianeta, un corpo celeste delle dimensioni di Marte, chiamato Theia, si è scontrato violentemente, vaporizzandosi e scagliando nello spazio miliardi di pezzi della giovane Terra, alcuni dei quali si sono di nuovo aggregati per formare la Luna.
Questo piega perché il nostro satellite naturale sia povero degli elementi più pesanti, che nella giovane Terra erano già sprofondati a formare il nucleo.
Schema di formazione della Luna: un impatto gigantesco senza il quale, probabilmente, non saremmo esistiti
Neanche la più apocalittica scena di un film avrebbe potuto immaginare uno scenario del genere, ma a quanto pare l’Universo a volte ama stupire con effetti speciali!

venerdì 11 luglio 2014

Come si diventa astronomi?

Questo post è un estratto del mio libro: 125 Domande e curiosità sull'astronomia, disponibile in formato ebook e in cartaceo.


Per diventare astronomi professionisti è necessario seguire un percorso di studi universitari lunghi e spesso piuttosto difficili, ma con passione e buona volontà tutti possono ambire a questa professione. 

Si inizia con una laurea triennale in astronomia, oppure in fisica. Si deve poi proseguire con una laurea magistrale di due anni in astrofisica o cosmologia, poi vincere una borsa di studio per un dottorato di tre anni, fortunatamente pagato (ma molto poco in Italia, e non per tutti!). Alla fine dei tre anni si diventa a pieno titolo dottori in astronomia e ricercatori. Si può partecipare a concorsi e inviare il proprio curriculum in giro per il mondo, aspettando pazientemente che qualche università o centro di ricerca sia interessato.

Le possibilità di lavoro in Italia sono purtroppo quasi nulle nel settore della ricerca. Molti astronomi trovano occupazione in aziende private specialmente come programmatori, oppure intraprendono la difficile strada dell’insegnamento.
Le prospettive sono migliori all’estero. D’altra parte un astronomo è una persona che deve essere flessibile, parlare fluentemente almeno l’inglese e disposto a viaggiare in tutto il mondo.

L’America è ancora il leader dei giovani talenti, seguita dagli altri paesi anglosassoni, dalla Germania e dalla Francia.
Un astronomo con un dottorato di ricerca troverà facilmente posto presso qualche università straniera.
Se invece non siamo disposti ad abbandonare questo Paese, dobbiamo essere pronti a fare qualcos’altro, soprattutto se tra i nostri sogni c’è la possibilità di una famiglia.

I pochi astronomi italiani hanno stipendi da dipendenti pubblici di basso rango, nonostante lavorino diverse ore al giorno, spesso di notte, e contratti a tempo determinato. I colleghi americani, ma anche tedeschi, inglesi o francesi, possono contare su stipendi di base almeno doppi, se non tripli, e ottime possibilità di fare carriera in base alle proprie capacità.

Si può fare astronomia anche per passione, senza dover sottostare alle rigide regole accademiche e scientifiche. Per questo basta un semplice telescopio amatoriale, tanta passione, pazienza, determinazione e naturalmente un cielo buio.
L’astronomo dilettante decide in piena libertà come, quando, cosa osservare e a quale livello. L’unico inconveniente è che nessun astronomo amatoriale viene pagato, neanche emigrando su altri pianeti!

martedì 8 luglio 2014

Che cosa fa un astronomo?

Questo post è un estratto del mio libro: 125 Domande e curiosità sull'astronomia, disponibile in formato ebook e in cartaceo.


Questa è una domanda che in tanti mi fanno, ma è così generica che la risposta lo deve essere altrettanto, anche se non è detto che sia meno soddisfacente.

A me piace pensare che un astronomo è un investigatore del cielo: niente di più semplice.
Attraverso l’utilizzo di leggi fisiche, deduzioni logiche e un’attenta fase di raccolta delle prove, cerca di comprendere come funzionano tutti gli oggetti dell’Universo, fino a svelare il funzionamento dell’Universo stesso. 

In effetti il lavoro di un astronomo, almeno dal punto di vista concettuale, non è poi così diverso da quello di un investigatore della polizia, con qualche piccola, ma sostanziale differenza.
La scena del crimine, ad esempio, non è circoscritta ma occupa una superficie miliardi di miliardi di volte più vasta della Terra. Anche gli esperimenti per cercare di riprodurre l’evento non sono facili da condurre. È in effetti impossibile poter viaggiare verso la galassia che si vuole studiare o riprodurre in laboratorio una stella per comprenderne meglio il funzionamento.

Contrariamente a tutti gli altri investigatori, l’astronomo può limitarsi solamente ad analizzare la radiazione elettromagnetica proveniente dalle sorgenti del cielo e da questa cercare di caratterizzare i corpi celesti che l’hanno prodotta.
Si tratta sicuramente del lavoro di indagine più difficile in assoluto, ma anche, forse, il più appagante, perché non c’è niente di più ambizioso e meraviglioso che scoprire il funzionamento dell’intero Universo. 

L’astronomo del ventunesimo secolo non osserva più direttamente al telescopio, ma passa gran parte del tempo ad analizzare dati, a fare simulazioni al computer, a viaggiare per convegni e conferenze e al limite a insegnare all’università.
L’idea romantica dell’astronomia, fatta di notti stellate, di visioni stupende al telescopio, appartiene al mondo dell’astronomia amatoriale.
Spesso i professionisti non riconoscono neanche le costellazioni in cielo!

L’astronomia professionale non è altro che fisica applicata alle stelle, quindi ricca di formule e dimostrazioni matematiche.
D’altra parte, per spiegare l’Universo e le regole che segue, non possiamo far altro che utilizzare il linguaggio veramente universale, quello della fisica, che utilizza come lettere dell’alfabeto il formalismo e le regole della matematica.
Ma non disperiamo: non dobbiamo essere dei provetti matematici per fare gli astronomi, come per parlare non bisogna essere dei linguisti. E non posso che concordare con quanto disse un mio professore universitario: quando ci sono da fare tanti e complessi calcoli matematici si chiama un matematico che li faccia al posto nostro. A noi astronomi interessano poi i risultati e le implicazioni fisiche!

venerdì 4 luglio 2014

Dove e come si formano le stelle?

Questo post è un estratto del mio libro: 125 Domande e curiosità sull'astronomia, disponibile in formato ebook e in cartaceo.


Tutte le stelle, nessuna esclusa, si formano da immense distese di gas chiamate nebulose, come conseguenza inevitabile di un’unica, fondamentale, legge della Natura: la forza di gravità.

Ogni stella nasce dal collasso di una massa di gas rarefatto
Tutto inizia quando una nebulosa piuttosto densa ed estremamente fredda (circa -260°C), magari disturbata da qualche stella vicina o dai tumultuosi ambienti interstellari, comincia a sentire la forza di gravità del suo stesso gas. 
Con il passare del tempo, gas e polveri cominciano a raccogliersi attorno a un centro, aumentando di massa e comprimendosi sempre di più. La compressione fa inevitabilmente aumentare la sua temperatura. Dopo qualche milione di anni, il gas accumulatosi forma quella che viene chiamata protostella, un oggetto gassoso, molto più grande di una stella che continua a raccogliere gas, quindi a comprimersi e a riscaldarsi sempre di più.

A un certo punto nelle zone centrali della protostella la temperatura supera la soglia critica di 10 milioni di gradi. Oltre questo valore si innescano i processi di fusione termonucleare, la cui enorme energia riesce finalmente a fermare la contrazione del gas. La protostella si accende e diventa una stella a tutti gli effetti.
10 milioni di gradi al centro: la stella è nata e spazza via il gas residuo
L’inizio della sua vita è accompagnato da un potente flusso di particelle, risultato dei processi di fusione nucleare, che si irradia nello spazio e forma quello che viene chiamato vento stellare.
Nelle prime fasi di vita il vento stellare è così violento da creare una bolla e allontanare nello spazio il gas residuo della nebulosa, interrompendo in questo modo il processo di accrescimento.


Le nebulose dalle quali nascono le stelle contengono in realtà materia per formare decine, centinaia e a volte migliaia di astri. Le stelle, in effetti, non nascono mai da sole, ma a gruppi detti ammassi stellari.
La famiglia di stelle che si forma, tuttavia, dopo qualche centinaio di milioni di anni spesi insieme verrà divisa dagli ambienti interstellari. Le componenti, pur sopravvivendo, seguiranno una strada spesso indipendente le une dalle altre.
Anche il Sole si pensa sia nato all’interno di un ammasso stellare, in compagnia di almeno altre 50-100 stelle. Alcune di esse, le più grandi, sono ormai estinte da tempo, ma altre, la maggioranza, si trovano ancora da qualche parte nella Galassia. Difficile, se non impossibile, però, riuscire a ritrovare i fratelli della nostra stella, persi ormai tra miliardi di altre stelle.