mercoledì 22 gennaio 2014

Astronomia per tutti: volume 11

Disponibile la versione digitale per dispositivi Kindle, tablet e smartphone e la versione in PDF con immagini in alta risoluzione.
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Astronomia per tutti: volume 11
Con l'avvicinarci della fine del mese, ecco un altro numero di Astronomia per tutti. Siamo quasi in dirittura d'arrivo, questo è il penultimo volume. L'ultimo uscirà tra circa un mese e lì si concluderà il nostro viaggio attraverso le varie branche dell'astronomia pratica e teorica. .

In questo volume sono tanti gli argomenti interessanti; ecco la presentazione "ufficiale":

Nella categoria neofiti, con il nostro nuovo telescopio, andremo a osservare i pianeti, il Sole e la Luna. Difficile immaginare quanti piccoli dettagli e sorprese andremo a scovare, nascosti nei piccoli dischi planetari.
Nello spazio dedicato alla fotografia astronomica vedremo le basi strumentali e tecniche della fotografia a lunga esposizione attraverso il telescopio. Cercheremo di divincolarci tra autoguida, messa a fuoco e frame di calibrazione, e con pazienza e determinazione riusciremo presto a ottenere ottime immagini deep-sky.
Nella categoria dedicata alla ricerca amatoriale affronteremo una materia poco conosciuta, eppure molto affascinante: la spettroscopia. Attraverso lo studio spettroscopico determiniamo la temperatura delle stelle e la loro composizione chimica. Possiamo capire quanto ruotano velocemente loro e le galassie di cui sono ospiti, ed è proprio attraverso la spettroscopia che Edwin Hubble, negli anni venti del ventesimo secolo, scoprì l’espansione dell’Universo.

Nella parte più teorica, ci getteremo con entusiasmo verso il remoto passato dell’Universo, arrivando fino a un soffio dopo il Big Bang per poi procedere in avanti e assistere ai grandi cambiamenti che si sono verificati nei primi istanti di vita del giovane Universo. Sarà un viaggio molto affascinante.
Ci rilasseremo un po’ andando a esplorare i pianeti esterni del Sistema Solare: Saturno, Urano, Nettuno e Plutone, di cui, speriamo, avremo più da dire quando nel 2015 la sonda New Horizons arriverà per prima nelle sue vicinanze.
Infine, partiremo di nuovo per le sterminate lande in apparenza vuote dell’Universo. Parleremo della materia oscura, qualcosa che non fa dormire gli astronomi da alcuni decenni. Nessuno la vede, ma tutti gli oggetti dell’Universo la sentono. Senza di essa non esisterebbero nemmeno le galassie. Costituisce il 90% della materia dell’Universo, ben 9 volte più abbondante di quella luminosa che compone stelle, nebulose e ammassi stellari. Eppure ancora nessuno riesce a venir a capo di questo enorme mistero. Di fatto, non abbiamo la più pallida idea di come sia fatta una grandissima parte del Cosmo.

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martedì 21 gennaio 2014

Fotografia astronomica: Orione

La costellazione di Orione, regina dei cieli invernali, è tra le figure più luminose e facili da osservare nel cielo. Ma questa regione, proprio a ridosso del disco della Via Lattea, è avvolta in gigantesche nubi di gas estremamente caldo, la cui parte più evidente è rappresentata dalla grande nebulosa di Orione, nel cuore della costellazione e visibile anche a occhio nudo.
E' un peccato che i nostri occhi non abbiano la sensibilità sufficiente per farci ammirare tutte le tenui volute di gas che avvolgono il gigante mitologico. Per fortuna possiamo sopperire a questa mancanza con una fotografia a lunga esposizione, utilizzando una reflex digitale modificata, l'obiettivo di serie 18-55 mm e una piccola montatura equatoriale motorizzata che segue la rotazione della Terra.
Ultimo, ma non per importanza, un cielo scuro.
Ed ecco a voi la costellazione di Orione come non la potrete mai vedere a occhio nudo:


martedì 14 gennaio 2014

Fotografia astronomica: il cratere lunare Gassendi

La Luna ha sempre il suo fascino, soprattutto se la si osserva o fotografa ad alti ingrandimenti. Se ripresa con una videocamera dotata di un sensore di medie dimensioni, l'effetto è ancora più spettacolare perché sembra quasi di volarci sopra.
Questo è uno scorcio del cratere Gassendi, un antico bacino d'impatto dal diametro di ben 110 km, al cui interno si stagliano montagne e profonde scarpate.
Per l'immagine è stato utilizzato un telescopio Schmidt-Cassegrain da 35 cm di diametro e una camera planetaria ASI120 MM . Somma di circa 300 singoli frame.
Buona visione!


martedì 7 gennaio 2014

Cosa sono le macchie solari?



Il Sole è un corpo celeste molto interessante ed è l’unica stella che possiamo studiare da vicino.
Le macchie solari sono zone nella fotosfera solare che a causa dei forti campi magnetici locali si trovano a temperature minori rispetto all’ambiente circostante, anche di oltre 1000°C.

Una tipica macchia solare è costituita da una zona di ombra centrale ed una di penombra periferica. Si tratta in realtà di vere e proprie depressioni nella fotosfera solare, messe in luce dal cosiddetto effetto Wilson. L’astronomo scozzese nella seconda metà del XVII secolo riuscì a rivelare la differenza tra le posizioni relative di ombra e penombra in funzione della posizione della macchia sul disco solare. Il cambiamento delle posizioni reciproche è da imputare ad un effetto prospettico dovuto al fatto che la zona d’ombra si trova a profondità maggiori rispetto alla fotosfera solare e alla penombra.

Una macchia solare ripresa con il mio telescopio
In linea teorica, misurando lo spostamento del centro dell’ombra rispetto alla penombra si può risalire anche alla profondità della macchia solare.
Nella realtà questo calcolo è difficile da effettuare con precisione poiché spesso le macchie variano di forma e dimensioni e non sempre l’effetto Wilson è di facile studio, soprattutto quando esse non sono simmetriche.
Oltre all’ombra e penombra, in una tipica macchia solare troviamo i ponti di luce, zone molto luminose che congiungono due regioni di ombra. I pori sono invece piccole macchie solari di dimensioni poco maggiori della granulazione dove manca completamente privi della parte in penombra, che spesso accompagnano le macchie di maggiori dimensioni, le quali a loro volta compaiono in gruppi di almeno due componenti di dimensioni paragonabili.
La fisica che sta dietro a questi strani fenomeni del nostro Sole non è ancora stata capita fino in fondo, ma c’è la sicurezza che siano i campi magnetici locali i responsabili.

Nonostante ci appaiano estremamente scure, anche  le machcie emettono molta radiazione, che si approssima molto bene con l’andamento di corpo nero per quella determinata temperatura.
Se siamo in grado di misurare il flusso di radiazione proveniente dalla macchia, possiamo allora stimare la sua temperatura con una buona precisione.

Il numero di macchie solari è strettamente correlato al cosiddetto ciclo solare, un periodo di tempo di 11 anni nel quale il Sole alterna una fase più burrascosa caratterizzata da grandi gruppi di macchie visibili anche ad occhio nudo, ad una fase assolutamente calma, priva di dettagli. Ora ci troviamo in teoria in prossimità del periodo di massima attività, ma questo ciclo solare sembra essere piuttosto sottotono e per avere i grandi gruppi di macchie comparsi nei primi anni 2000 è probabile che dovremo aspettare il prossimo massimo, tra una decina di anni.

venerdì 3 gennaio 2014

Quali computer utilizzava uno Shuttle per il volo?



Tutte le astronavi dirette verso lo spazio sono controllate per intero (o quasi) dai computer di bordo che devono effettuare complicati calcoli in tempo reale per regolare al meglio la velocità e l'assetto dalla partenza all'eventuale rientro a terra. 
Questo è il caso delle astronavi con equipaggio umano, che oltre alle delicate fasi di lancio e messa in orbita, dovevano occuparsi anche delle fasi di rientro, soprattutto per quanto riguarda l'angolo di impatto con l'atmosfera terrestre, pena la distruzione della capsula. 

La cabina di pilotaggio dello Shuttle Discovery
Gli Space Shuttle erano e sono ancora le navette più complesse mai concepite ed è normale allora riferisi ai loro computer e alle loro performance.
Si potrebbe immaginare che il computer dedicato ai controlli in tempo reale dell’assetto dell’astronave e dei suoi movimenti dovesse avere una potenza di calcolo inimmaginabile, ma non è così. I computer delle navette Shuttle fino al 1991 disponevano solamente di 500 KB (si, KILO byte!) di memoria, ampliata successivamente a 1 MB. Di fatto, il sistema informatico nato con il progetto Shuttle, sul finire degli anni 70, non si è più evoluto, nonostante la rivoluzione informatica, eppure è stato sempre all’altezza della situazione. 

La verità è che il computer di un’astronave non necessita di una pesante interfaccia grafica che richiede grandi quantità di memoria, perché deve limitarsi solamente a fare un gran numero di calcoli su un sistema operativo il più semplice e affidabile possibile. Di conseguenza, non sono necessari processori super veloci, né, soprattutto, grandi quantità di memoria.
Ci sono un paio di massime che sembrano adattarsi perfettamente a questi casi: ciò che non c’è non si può rompere; finché qualcosa funziona, meglio non sostituirla. 

I vecchi sistemi informatici degli Shuttle si sono dimostrati sempre affidabili e capaci di portare a termine, senza ritardi o problemi, tutti i compiti dedicati, quindi perché i tecnici della NASA avrebbero dovuto sostituire tutto il sistema informatico, spendendo decine di milioni di dollari e diverso tempo, per fare tutti i test necessari a evitare pericolosi crash di sistema?
Questa filosofia è stata seguita anche dalle capsule russe Soyuz, che fino al 2003 utilizzavano un computer con una memoria di appena 6 KB! Proprio la sostituzione del computer di bordo con uno più performante (ma molto meno del nostro telefono cellulare!) ha fatto schiantare la prima capsula che lo utilizzava, a testimonianza di quanto sia importante un sistema informatico semplice e affidabile e non un computer super potente in grado di mostrare contemporaneamente filmati di diversi milioni di pixel!