lunedì 31 marzo 2014

Cercare la Terra tra le lune



Una svolta importante nella ricerca del nostro pianeta (quasi) gemello potrebbe arrivare da luoghi a prima vista insospettabili, rilevabili con la prossima generazione di telescopi: le lune.
Sono ormai 80 i pianeti di tipo gioviano scoperti nella fascia di abitabilità e 6 di tipo nettuniano. Nel catalogo del satellite Kepler ce ne sono altri 42 (22 gioviani e 20 nettuniani) in attesa di ulteriori conferme. 

Relazione tra massa di un pianeta e quella di una sua probabile luna
Per quanto sappiamo dal nostro Sistema Solare, tutti i pianeti di grandi masse possiedono numerosi satelliti naturali, anche di cospicue dimensioni.
Non ci stiamo riferendo a corpi celesti troppo piccoli come la nostra Luna, ma a oggetti che potrebbero assomigliare in tutto e per tutto all’immaginario Pandora del film Avatar. 
Lune con massa superiore a quella di Titano e Ganimede, magari in orbita attorno a pianeti gioviani che non si trovano, come la Terra, sul bordo interno della zona di abitabilità, potrebbero avere le condizioni perfette per un’atmosfera spessa e acqua liquida in abbondanza.
In questo caso, quindi, i grandi pianeti gioviani, alcuni diverse volte più massicci del nostro gigante, rappresentano sicuramente una risorsa da non sottovalutare, soprattutto tenendo in considerazione alcune interessanti proprietà dei corpi del Sistema Solare.

Durante il processo di formazione di un sistema planetario, attorno agli oggetti di maggiori dimensioni si accumula probabilmente abbastanza materiale da creare un vero e proprio sub sistema planetario.
La quantità di gas e polveri dipende criticamente dalla forza di gravità del pianeta. Per il Sistema Solare il numero magico è 104: in parole più chiare, il rapporto tra la massa di una luna e il suo pianeta gassoso è di circa 1:10.000. Se questa fosse una regola generale (sembra di si), allora non è difficile stimare quanto debba essere massiccio un pianeta gioviano nella fascia di abitabilità affinché almeno una sua luna possa contenere abbastanza materia da trattenere un’atmosfera stabile.

Ipotizzando una composizione chimica ricca di acqua, si scopre che attorno a pianeti con una massa superiore a 4 volte quella di Giove potrebbero esistere lune abbastanza massicce da soddisfare le nostre richieste.
Il fatto estremamente incoraggiante è che i pianeti gioviani nella fascia di abitabilità sono relativamente semplici da rilevare ormai. 

Non sono stati individuati ancora segni di lune extrasolari, ma tutti sono concordi nell’affermare che dovrebbero esistere e potrebbero essere delle dimensioni giuste.
Molte sono probabilmente oltre la nostra attuale soglia di rilevazione, ma forse, spulciando bene nella grande mole di dati raccolti da Kepler, potremmo trovare in qualche transito gioviano una leggerissima impronta causata da un satellite di dimensioni non troppo diverse da quelle del nostro pianeta.
Dalle informazioni a disposizione sono stati già estrapolati alcuni seri candidati che andranno meglio indagati in un prossimo futuro. Probabilmente siamo vicini anche alla scoperta di Pandora: chi ci avrebbe mai pensato?

venerdì 28 marzo 2014

Cos'è l'inflazione?



Come ormai dovremmo aver imparato, in astronomia si usano spesso parole del linguaggio comune, alle quali compete però un significato differente. Non fa eccezione la parola “inflazione”, che con i meccanismi economici creati dall’uomo a seguito del suo isolamento dall’Universo non ha proprio nulla in comune. 

L'inflazione: una super espansione dell'Universo primordiale
Con il concetto di inflazione si identifica un brevissimo istante di tempo, miliardesimi di miliardesimi di miliardesimi di secondo, nel quale l’Universo, pochissimi istanti dopo il Big Bang, ha subito una super espansione che ne ha aumentato le dimensioni di miliardi di miliardi (e forse miliardi e miliardi ancora) di volte, come lo spazio fosse esploso espandendosi con un ritmo di gran lunga superiore alla velocità della luce. 

La teoria dell’inflazione riesce a spiegare alcuni fatti altrimenti paradossali, come ad esempio l’aspetto globale dell’Universo.
Com’è possibile, infatti, che due regioni di spazio diametralmente opposte, che quindi a causa dell’enorme distanza non hanno mai potuto comunicare le une con le altre neanche quando erano vicinissime, abbiano in realtà identiche proprietà? La radiazione cosmica di fondo, ad esempio, presenta una temperatura omogenea in ogni zona dell’Universo con una tolleranza di pochi milionesimi di grado.
Le proprietà non cambiano se osserviamo la distribuzione perfettamente identica delle lontane galassie in zone di cielo opposte, al punto che sicuramente la luce, quindi nessuna informazione, si è potuta trasmettere tra di loro. Eppure, considerando il tasso di espansione, regioni poste agli estremi dell’Universo non hanno mai potuto scambiarsi informazioni per accordarsi così bene sulla temperatura o sulla distribuzione del materiale per formare stelle e galassie.
Sarebbe come se noi decidessimo di scaldare un pezzo di ferro e pretendessimo che un fabbro cinese, del quale ignoriamo persino l’esistenza, scaldi nel nostro stesso istante lo stesso pezzo a una temperatura uguale, con una tolleranza massima di un milionesimo di grado centigrado: è impossibile senza mettersi d’accordo su quale temperatura raggiungere, senza coordinare il riscaldamento, senza utilizzare gli stessi macchinari e un pezzo di ferro identico. 

La teoria dell’inflazione risolve il problema della comunicazione, affermando che poco prima di questo evento la materia dell’Universo aveva avuto modo di comunicare e mescolarsi.
Poi lo stiramento violentissimo dello spazio e del tempo ha rotto definitivamente quell’unione perfetta.
Dopo questa fase, l’espansione è ripresa ai ritmi precedenti, come se nulla fosse successo. Ma l’Universo era profondamente cambiato e molto, molto più grande di prima, avvicinandosi pericolosamente al concetto di infinito.

Fino a poche settimane fa questa era una teoria che ben risolveva i problemi appena esposti e molti altri. Ora, grazie all'esperimento BICEP2, questo affascinante, e per certi versi incredibile, scenario, sembra aver trovato delle prove concrete, anzi, la prova più evidente che potessimo sperare di trovare. Una delle più importanti scoperte dell'ultimo secolo, e forse di sempre. Se volete saperne di più, leggete questo articolo, in italiano, dell'ottimo divulgatore Amedeo Balbi.

lunedì 24 marzo 2014

L’espansione dell’Universo è in accelerazione?


Dopo il “calcio” iniziale dato da non si sa cosa e definito con il termine Big Bang, niente nell’Universo, almeno così si credeva, ha fornito ulteriori forze alla sua espansione. Proprio come un pattinatore sul ghiaccio a cui viene data una spinta continua a muoversi finché non incontra un ostacolo, così si comporta l’Universo stesso. Senza ulteriori spinte, continua a espandersi con una velocità più o meno costante. Questo è quello che si credeva fino a qualche anno fa. Il Big Bang, quell'evento ancora piuttosto oscuro che ha scatenato l'espansione (e la creazione) dell'Universo, è stato il "calcio" iniziale a cui, poi, non sono seguite altre forze nella stessa direzione. L’unico impedimento all’espansione, e abbastanza debole, deriva dalla forza di gravità. La materia contenuta nell’Universo, producendo un’enorme forza di gravità, che è sempre attrattiva, dovrebbe rallentare, lentamente, l’espansione. Se riuscirà a fermarla o solo a rallentarla leggermente, questo dipende da quanta materia c’è nell’Universo, se è superiore rispetto a un certo valore, detto densità critica.
Generazioni di cosmologi hanno allora cercato di misurare la densità dell’Universo per capirne il suo destino, prendendo ormai per assodato il semplice modello appena espresso.

Poi, sul finire degli anni novanta, si verificò una scoperta inattesa e sconvolgente.
Dalla stima delle distanze attraverso l’osservazione delle supernovae in altre galassie, gli astronomi si accorsero che l’Universo, in tempi recenti, non solo non stava rallentando la sua espansione, ma stava inspiegabilmente accelerando!
La scoperta valse ai tre fisici americani il premio Nobel nel 2011, quando le loro misurazioni pionieristiche erano state verificate più volte e ormai accettate dalla comunità scientifica.
La conclusione è però sconcertante: a partire da circa 6 miliardi di anni a questa parte, qualche forza misteriosa sta facendo accelerare l’espansione dell’Universo, qualcosa che riesce a sopravanzare la spinta attrattiva della forza di gravità e a ridare nuova energia a quel lontanissimo calcio iniziale scatenato dal Big Bang.
Gli scienziati chiamarono questa forza energia oscura, da non confondere con la materia oscura delle galassie.

L’energia oscura, secondo gli attuali modelli, è l’energia del vuoto, del tessuto dello spazio e del tempo, che secondo le leggi di fisica quantistica produce una specie di antigravità, in grado di far accelerare l’Universo.
Possiamo immaginare l’energia oscura come il prezzo da pagare per avere il tessuto dello spazio e del tempo sul quale poter far sviluppare particelle e corpi celesti.
Proprio come sulla Terra, dove strade e ponti sono la struttura sulla quale poi si sviluppa il traffico, e di certo non è gratis ma richiede denaro ed energie per essere creata, così nell’Universo lo spazio e il tempo non sono gratuiti, ma contengono l’energia richiesta per essere stati costruiti.
E questo prezzo da pagare per avere le "strade dell'Universo" potrebbe, alla lunga, essere molto caro e portare addirittura alla sua completa distruzione.

giovedì 20 marzo 2014

Di cosa è fatta la materia?



Un atomo è un’entità formata da un nucleo di dimensioni piccolissime, attorno a un milionesimo di miliardesimo di metro (10-15 metri), composto da protoni e neutroni e uno o più elettroni (in numero pari ai protoni nel nucleo) che in qualche modo vi si trovano intorno, in posizioni simili a delle orbite ma mai definite (orbitali).


Gli elettroni esterni identificano i confini dell’atomo, sebbene non siano mai netti.
L’atomo più semplice è quello di idrogeno, formato da un nucleo composto da un protone e un solo elettrone che in qualche modo gli “orbita” intorno. 

Rappresentazione schematica di un atomo di idrogeno.
Un atomo di idrogeno ha un raggio tipico (raggio di Bohr) di 5,3∙10-11 metri, mentre le particelle che lo formano hanno dimensioni dell’ordine di 10-15 metri. Un momento, ragioniamo su questi due dati: il raggio di un atomo è circa 10.000 volte maggiore del raggio delle particelle che lo compongono; questo è qualcosa di incredibile! Per avere un paragone con numeri più familiari, possiamo immaginare le particelle dell’atomo grandi come una pallina da tennis; bene, la distanza alla quale l’elettrone orbita attorno al nucleo è pari a circa 250 metri! 
 
Un atomo è sostanzialmente vuoto, poiché oltre il 99,99% del volume non è occupato da alcuna particella. Tra il nucleo e gli elettroni c’è semplicemente un volume infinitamente grande e vuoto. Se quindi vi capita di chiedere a qualche fisico come è fatta la materia e in cambio ricevete la risposta “la materia è vuota”, non vi sta prendendo in giro, ma sta semplicemente analizzando la realtà: un bicchiere contenente una goccia d’acqua per voi è pieno o vuoto? Bene, per gli atomi vale lo stesso!
Il fatto che gli atomi siano per il 99,99% vuoti è davvero un bene per tutti gli abitanti dell’Universo. Le particelle subatomiche di cui sono composti sono infatti estremamente concentrate, ovvero possiedono densità elevatissime. 

La densità di un neutrone è di circa 1014 grammi su centimetro cubo (centomila miliardi di grammi ogni centimetro cubo!). 
In altre parole, se l’atomo fosse pieno per tutto il suo volume, un centimetro cubo di materia peserebbe, sulla Terra, circa 100 miliardi di kg!
L’Universo stesso non sarebbe esistito. Se gli atomi sono praticamente vuoti, vuol dire che questa era la condizione migliore per sviluppare un Universo stabile per miliardi di anni.
Sebbene il modello classico planetario sia facilmente visualizzabile, l’atomo non è un sistema solare in miniatura e gli elettroni non sono particelle ben definite che ruotano intorno al nucleo. 

La struttura di un atomo non si può visualizzare correttamente, perché totalmente diversa da qualsiasi situazione ed esperienza che noi uomini possiamo vivere e osservare (e il cervello non può immaginare qualcosa che non ha mai visto!).
Sebbene l’idea degli antichi greci fosse concettualmente corretta, gli scienziati del diciannovesimo secolo hanno avuto forse un po’ troppa fretta nel definire atomo questa entità, che è solo l’inizio dell’infinitamente piccolo, la parte più grande che racchiude un mondo di particelle davvero complesso e che negli ultimi anni, grazie a imponenti acceleratori, si sta riuscendo finalmente a scoprire.

lunedì 17 marzo 2014

I meteoriti quando cadono sono incandescenti?



La dinamica degli impatti di asteroidi e meteoriti con una superficie rocciosa come quella terrestre, e dotata di una spessa atmosfera, è molto più complicata e sorprendente di quanto si possa pensare.
Prima di tutto, solamente gli oggetti superiori a 50-100 metri producono impatti devastanti che generano enormi crateri e polverizzano l’oggetto quasi per intero. L’acqua, sottoforma di vapore, è comunque capace di resistere e arricchire l’atmosfera anche negli scontri più violenti.

Per i corpi celesti più piccoli, che sono di gran lunga più abbondanti (anche ai giorni nostri), l’energia in gioco non è elevata. Quelli che polverizzano in atmosfera come stelle cadenti rilasciano nell’aria il contenuto di acqua e molecole organiche, un miscuglio che poi precipita lentamente al suolo.

Un meteorite entra nell'atmosfera terrestre a grande velocità
I corpi celesti di dimensioni medie (5-100 metri) riescono addirittura ad arrivare al suolo quasi intatti e hanno una proprietà estremamente interessante.
Se noi potessimo raccogliere una pietra cosmica appena caduta sulla Terra, ci accorgeremmo che è estremamente fredda. Com’è possibile dopo una discesa in atmosfera, nella quale il calore in superficie ha superato i 2000°C a causa dell’enorme attrito?
Meteoriti e comete passano gran parte del loro tempo nel freddo dello spazio; anche la luce solare diretta riesce a scaldare moderatamente solo un esiguo strato superficiale. L'interno, invece, si trova a circa -230°C. 
Nelle fasi antecedenti l’impatto al suolo, sperimentano solo una manciata di secondi alle temperature roventi dell’atmosfera del nostro pianeta. Il calore, quindi, non riesce a espandersi su tutto il volume: non c’è tempo. È un po’ come prendere un cubo di ghiaccio e metterlo per circa 10 secondi su una fiamma; gran parte resta solido e freddo. Quindi, un meteorite che arriva al suolo è molto probabile che sia estremamente freddo invece che rovente come magari siamo abituati a pensare da programmi tv e film.

giovedì 13 marzo 2014

La bellezza delle aurore polari

Lo spettacolo delle aurore polari
Dal 27 Febbraio al 2 Marzo 2014 ho fatto un viaggio al quale pensavo da tanto tempo: spingermi nel profondo nord ad ammirare le aurore boreali.
Nel parco nazionale di Abisko, nella Lapponia svedese, oltre il circolo polare artico, ho assistito a uno degli spettacoli più belli della natura. Fiumi di luce in rapidissimo movimento accendevano improvvisamente il cielo tingendolo di verde e, a volte, persino di rosso.
Ho cercato di immortalare i fenomeni sulla mia macchina fotografica, ma quello che una foto non mostrerà mai è il movimento rapidissimo e le emozioni che solo il nostro occhio può regalarci.
Consiglio a tutti di programmare, almeno una volta nella vita, un viaggio alla caccia delle aurore, e per chi non conoscesse bene il fenomeno, qui c'è un'esauriente spiegazione.
La galleria delle mie immagini, invece, è raggiungibile cliccando su questo link