mercoledì 15 giugno 2016

LIGO si ripete: rivelate per la seconda (o terza?) volta le onde gravitazionali

Dopo la storica rivelazione delle onde gravitazionali associate a due buchi neri in procinto di fondersi, confermata ufficialmente lo scorso Febbraio ma avvenuta il 14 Settembre 2015, tutti sapevano che il vaso di Pandora era stato scoperchiato e che quell'evento sarebbe rimasto unico per poco tempo. Pochi, forse, avrebbero però sperato che nel momento in cui i ricercatori stavano effettuando tutte le conferme e i calcoli, l'esperimento LIGO aveva già rivelato altre onde gravitazionali.

Le onde gravitazionali sono increspature dello spazio-tempo
Con la conferenza stampa del 15 Giugno il team di LIGO, a cui collabora anche l'esperimento italiano VIRGO, ha infatti confermato una seconda rivelazione di onde gravitazionali avvenuta il 26 Dicembre 2015 alle ore 4:38:53 italiane (in pratica la sera di Natale negli Stati Uniti!), associate sempre a un sistema molto esotico, poco prima della sua fusione. Sebbene gli attori siano gli stessi, due buchi neri, e la fine la medesima, la trama che ha portato all'inevitabile fine, con associata l'emissione di onde gravitazionali, si è sviluppata in modo diverso rispetto all'evento osservato a Settembre 2015.

I due buchi neri di questa nuova danza cosmica ad altissima energia hanno una massa stimata di circa 14 e 8 masse solari, circa la metà dell'evento precedente, e distano da noi circa 1,4 miliardi di anni luce(!). La spirale mortale che li ha portati alla fusione ha generato onde gravitazionali più deboli, ma che sono state ricevute per più tempo, circa un secondo. Sembra poco, ma per l'Universo di queste estreme energie equivale ad aver osservato le ultime 55 orbite di questi due mostri celesti, contro le appena 10 del primo evento, con un'emissione di energia pari a quella contenuta in una massa solare.

Per capire l'incredibile energia emessa sotto forma di onde gravitazionali possiamo ricordarci la famosa equazione di Einstein: E = Mc^2 e sostituire la massa del Sole, pari a circa 2 X 10^30 kg, e la velocità della luce al quadrato, che è di 9 X 10^16 metri al secondo, tutto al quadrato. Il risultato è espresso in Joule ed è un numero che ha 47 zeri. Per confronto, una bomba atomica di media potenza ha un'energia di circa 10^11 Joule, 36 ordini di grandezza inferiore a quella emessa da questi due buchi neri in un secondo attraverso le onde gravitazionali. Quanti sono 36 ordini di grandezza in più? Sono miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di volte di più!

Anche in questo frangente le onde gravitazionali sono state ricevute da entrambe le stazioni LIGO, una in Lousiana e l’altra nello stato di Washington, e hanno provocato spostamenti periodici e infinitesimi dello spazio, di gran lunga inferiori al diametro di un atomo. Nonostante questa piccolissima distanza, le onde sono state rivelate con una confidenza di 5 sigma, ovvero il segnale associato a questo evento ha una probabilità di essere reale di oltre il 99,999%.

Le onde gravitazionali captate da entrambi i rivelatori di LIGO.

Questa nuova scoperta conferma che le onde gravitazionali sono ormai alla nostra portata e la loro osservazione ci aiuterà a capire molto delle proprietà e della distribuzione dei buchi neri di taglia stellare, oggetti impossibili da osservare in qualsiasi altro modo ma che alla luce di questo nuovo risultato potrebbero essere più abbondanti di quanto si pensasse. A confermare questa idea c'è anche un'altra probabile sorgente di onde gravitazionali, rivelata da LIGO il 10 Ottobre 2015, meno di un mese dopo il primo segnale, che però è risultata troppo debole per poter essere confermata, sebbene l'idea è che si tratti di un altro sistema di due buchi neri che si sono fusi.

Alcuni ricercatori si sono addirittura spinti a ipotizzare che gran parte della materia oscura che permea l'Universo e che è circa 10 volte più abbondante di quella che possiamo osservare, potrebbe essere fatta di buchi neri, la cui origine risalirebbe ai primi istanti di vita dell'Universo. Come insaziabili divoratori, poi, molti sarebbero cresciuti mangiando grandi quantità di materia o attraverso fusioni, fino a raggiungere masse pari, o superiori, a quelle delle stelle più massicce che conosciamo.
Sono davvero tempi entusiasmanti per chi ha l'ambizione di scoprire e caratterizzare l'Universo invisibile, di certo la sfida scientifica più ambiziosa della nostra storia, fino a questo momento.

Per approfondire: L'articolo scientifico di questa nuova scoperta è stato pubblicato qui ed è liberamente scaricabile. 

Il mio speciale su Coelum in merito alla rivelazione del primo segnale, per capire meglio anche cosa sono le onde gravitazionali

venerdì 3 giugno 2016

Un piccolo asteroide impatta... sulla Terra

Poco meno di tre mesi fa abbiamo osservato in diretta l'impatto di un piccolo asteroide nell'atmosfera di Giove, che ha prodotto un flash visibile da Terra anche con telescopi amatoriali. Sebbene sia il pianeta più grosso e massiccio, quindi uno dei bersagli preferiti, non è però di certo l'unico a venir colpito da piccoli asteroidi, in grado di generare però grandi effetti.

A ricordarci di quanto sia affollato e anche pericoloso, a volte, lo spazio, è arrivato puntuale un impatto meno potente ma molto più vicino. La mattina del 2 Giugno, alle ore 03:57 locali (12:57 italiane) un enorme bolide - così vengono chiamate le stelle cadenti più brillanti - ha illuminato a giorno i cieli dell'Arizona, territorio già famoso tra le altre cose per il celeberrimo Meteor crater, con una luminosità stimata circa 10 volte maggiore di quella della Luna piena.
Il passaggio di questo oggetto a grande velocità, circa 18 chilometri al secondo, ha lasciato dei segni ben più duraturi del tipico flash delle normali stelle cadenti. Molti osservatori, nel cielo che si accendeva dei colori dell'alba, hanno assistito a una lunga e complessa scia, persistente per diverse ore, creata proprio dal passaggio dell'oggetto che aveva illuminato il cielo poco prima. Raccogliendo le informazioni sulla luminosità e sulla lunga e complessa scia di condensazione, si pensa che a entrare nell'atmosfera e a generare un tale shock sia stato un piccolo asteroide dal diametro massimo di un paio di metri. Non si hanno al momento notizie di un eventuale contatto con la superficie terrestre. In ogni caso, se qualcosa è sopravvissuto al grande calore dell'ingresso in atmosfera, è precipitato al suolo a bassa velocità, senza produrre crateri. Tutti gli oggetti sotto circa i 100 metri di diametro, infatti, vengono rallentati a sufficienza dall'aria e precipitano al suolo a velocità dell'ordine di qualche centinaio di chilometri l'ora, contro le decine o centinaia di migliaia iniziali.

La spettacolare scia lasciata dal meteorite sopra i cieli dell'Arizona. Foto di Mike Lerch.
 
Quando piccoli asteroidi delle dimensioni di un'auto da città si trovano in rotta di collisione con il nostro pianeta, riescono a penetrare con molta energia negli strati più densi dell'atmosfera, e possono produrre due tipi di scie, oltre al classico bagliore: la prima, debolmente luminosa, è dovuta al fatto che il loro passaggio a decine di migliaia di chilometri l'ora riesce a ionizzare gli atomi di cui è composta la nostra aria, ovvero l'urto è così violento da strappare gli elettroni dagli atomi. Quando questi si ricombinano per tornare nella normale forma neutra, emettono una fioca luce rossastra o verdastra. Questo tipo di traccia è visibile di notte, spesso in fotografia, e dura al massimo poche decine di minuti.

Il secondo effetto è ancora più spettacolare perché può durare ore, sebbene possa essere osservato con chiarezza solo di giorno o al crepuscolo. Il passaggio dell'asteroide comprime e riscalda l'aria a migliaia di gradi, strappando via porzioni della sua superficie sotto forma di particolato sottile. E cosa succede quando in una regione molto fredda, e magari satura di umidità, gettiamo del gas (aria) caldissimo e ricco di nuclei di condensazione? Che il vapore acqueo, anche se poco, solidifica in sottili aghi di ghiaccio e forma una scia di condensazione, simile a quella prodotta dai motori degli aerei. La grande quantità di particolato strappata via dalla superficie dell'asteroide può colorare in modo tenue le tracce generate in questo modo, al contrario di quelle bianchissime degli aerei. Anche la quota è modo diversa: gli spettacolari disegni nel cielo lasciati dal passaggio di piccoli asteroidi si sviluppano a un'altezza di poco inferiore agli 80 chilometri, comunque sempre maggiore (tranne nei casi più violenti) delle rotte degli aerei. A seconda delle condizioni atmosferiche (temperatura e umidità relativa) negli strati d'aria interessati, le scie possono persistere anche per diverse ore. I venti in quota riescono poi a disegnare delle forme meravigliose che possono lasciare a bocca aperta gli osservatori e permettono anche di risalire al fenomeno che l'ha generate.
Gli esperti osservatori, infatti, quando vedono tali disegni in cielo sanno già che i colpevoli possono essere solo due: o un lancio di un razzo o un piccolo asteroide: non c'è nessun altro disturbo che possa raggiungere gli 80 km di quota e innescare la solidificazione del poco vapore acqueo presente. Poiché i lanci dei razzi sono rumorosi, luminosi e soprattutto conosciuti, è facile escludere un'ipotesi e confermare l'altra.


 
Il video dell'enorme fireball ripreso da una delle telecamere della NASA adibite al monitoraggio delle meteore.


 
Questo video mostra l'orbita del piccolo asteroide.


Ogni anno cadono sulla Terra migliaia di tonnellate di materiale proveniente dallo spazio. Nella grandissima maggioranza dei casi si tratta di granelli di polvere e piccole meteore dalle dimensioni di un granello di sabbia. Gli eventi più spettacolari, che generano i bolidi, ovvero meteore più brillanti delle stelle più luminose, sono più rari ma possono capitare anche diverse volte al mese, per una data località, il che si traduce in decine di migliaia di bolidi ogni anno visibili da ogni punto della Terra.

I fenomeni più violenti, con asteroidi dal diametro superiore a un metro, sono molto più rari ma non tanto quanto si pensava fino a qualche anno fa: uno ogni anno probabilmente, ma la statistica ancora non è precisa. Vale infatti la pena ricordare che oltre il 70% del nostro pianeta è ricoperto da acqua e del restante 29% di terre emerse solo una piccola porzione è monitorata dal suolo alla ricerca di meteore e bolidi. La categoria di asteroidi tra qualche metro e qualche decina di metri di diametro è la più subdola di tutte: questi infatti non sono così rari come i grandi massi da estinzione, quindi ce ne dobbiamo per forza di cose preoccupare. Tuttavia, riescono a sfuggire a tutti i monitoraggi e al contempo hanno la potenza sufficiente per poter creare seri danni alle abitazioni, come è accaduto nel 2013 per il meteorite di Cheliyabinsk. Quello dello scorso 2 giugno, per fortuna, era molto meno massiccio e non ha prodotto altro se non un bellissimo spettacolo nel cielo, ma ancora una volta l'avvertimento è fin troppo chiaro: è solo una mera questione di tempo, meglio farci trovare preparati.


Qualche approfondimento sul grosso bolide: http://earthsky.org/todays-image/smoke-trail-fireball-arizona-june-2-2016
http://spaceweather.com/archive.php?view=1&day=03&month=06&year=2016

http://www.nasa.gov/feature/fireball-lights-pre-dawn-sky-over-arizona