sabato 28 gennaio 2017

L'ipnotica danza di quattro pianeti extrasolari

Moltissimi pianeti extrasolari, o esopianeti, sono tanto deboli e vicini alle proprie stelle da non essere visibili nemmeno con i più potenti telescopi. Per mettere in evidenza la loro presenza e scoprire le loro proprietà, quindi, ci si affida ai metodi indiretti che, a dispetto del nome poco rassicurante, sono molto precisi e affidabili. In pratica, si studiano le variazioni di velocità e/o luminosità che la stella subisce a causa dell'eventuale presenza di uno o più corpi celesti che le orbitano attorno. È tutto molto bello, elegante e funzionante ma anche l’occhio a volte vuole la sua parte e non sarebbe male riuscire a fotografare in modo diretto questi lontani mondi.

Per capire quanto è difficile riuscire a rubare un’immagine di un pianeta extrasolare, possiamo fare un paragone con il nostro Sistema Solare e il gigante dei pianeti: Giove. Ebbene, se osservato alla distanza di appena 30 anni luce (molto vicino!) apparirebbe separato dal Sole di appena mezzo secondo d'arco, circa le dimensioni apparenti di una moneta da due euro vista a più di 8 chilometri di distanza. Ma questa è solo una parte del problema, che diventa ancora più complicato se consideriamo la differenza di luminosità tra il Sole e Giove: diversi milioni di volte. In queste condizioni risulta quasi impossibile, con l'attuale generazione di telescopi, riuscire a osservare la debole luce del pianeta, che sarà soffocata dalla luminosità della stella. Meglio non pensare, allora, a come possa essere la situazione per i corpi più piccoli e interni (e interessanti) come Marte o, peggio, la Terra. 

Non tutti i pianeti extrasolari, però, sono oltre le possibilità dei nostri migliori telescopi e un bell'esempio è rappresentato dalla stella HR8799, un astro nella costellazione di Pegaso, 1,5 volte più massiccio del Sole, formatosi solo 60 milioni di anni fa e distante circa 130 anni luce dalla Terra. Attorno a questa stella sono stati scoperti, con il metodo diretto, ben quattro pianeti giganti, con una massa dalle 7 alle 10 volte superiore a quella di Giove. Questi corpi celesti orbitano a grande distanza dalla propria stella, da 14,5 Unità Astronomiche per il più interno a 68 Unità Astronomiche per il più esterno, vale a dire da 2 miliardi a 10 miliardi di chilometri, una distanza ben superiore a quella che nel Sistema Solare è occupata dai pianeti (Nettuno, il più esterno, arriva a 4,5 miliardi di chilometri). Stiamo osservando quindi un sistema molto particolare, che non ha niente in comune con il nostro, sia per quanto riguarda la massa dei pianeti che la loro distanza. Meglio non pensare nemmeno a eventuali forme di vita perché questi oggetti potrebbero somigliare più a una debole stella che a un pianeta come siamo abituati a considerarlo.


Questi quattro pianeti giganti sono stati scoperti e seguiti con il telescopio Keck situato nelle Hawaii, un grande strumento dotato di ottiche adattive che riescono ad attenuare la turbolenza atmosferica della Terra muovendo diverse volte al secondo i tasselli che compongono lo specchio primario. Con particolari tecniche di elaborazione si è ridotto l’enorme disturbo della luce stellare e, come per magia, attorno a quest’anonima stellina sono comparsi quattro deboli punti. Sono pianeti o stelle che sembrano prospetticamente vicine? Per scoprirlo, senza l’ausilio dei metodi indiretti, l’unico modo è seguirne il movimento: se questi quattro deboli punti ruotano attorno alla stella centrale allora non c’è dubbio: sono dei pianeti. La conferma della natura planetaria è arrivata poco dopo la loro scoperta ma ora, a distanza di oltre 7 anni da quella prima, spettacolare, foto, è trascorso sufficiente tempo per vedere un’altra piccola parte di Universo evolvere. L’animazione, composta dallo studente Jason Wang dell'università della California, raccoglie le immagini acquisite al telescopio Keck dal 2009 al 2016 da parte di Christian Maois del National Research Council of Canada's Herzberg Istitute of Astrophysics e mostra il lento ma evidente moto di questi lontanissimi mondi. I periodi di rivoluzione sono di circa 40 anni per il più interno e di 400 anni per il più esterno: servirà ancora molto tempo per osservare un’orbita completa ma questa animazione rappresenta un altro piccolo, e fondamentale, tassello della storia della nostra conoscenza del Cosmo.



Siamo ancora lontani dall’osservare pianeti di taglia terrestre vicini alle proprie stelle, e probabilmente sarà impossibile riuscire a risolvere il disco di questi oggetti e scrutare quindi la loro superficie (servirebbero telescopi ottici di centinaia, migliaia di chilometri di diametro), ma non c’è dubbio che in questo caso l’occhio è stato accontentato. Questi pianeti, anche per i più scettici, ora esistono, si possono osservare e se ne può tracciare il moto attorno alla stella.

Non sarà l’animazione più bella del mondo; non ci sono colori, sfumature, contrasti degni di spettacolari opere d’arte che inondano gli occhi di meraviglia, ma nonostante questo non riesco a smettere di osservarla, ipnotizzato dall’Universo in movimento, da quei mondi lontani centinaia di migliaia di miliardi di chilometri che obbediscono alle stesse leggi della fisica che permettono alla Terra di vivere tranquilla attorno alla nostra Stella. Quei mondi sono reali, ci stanno comunicando la loro esistenza, le loro proprietà, il loro moto, così come appariva circa 130 anni fa. Quando la luce che stiamo osservando è partita da quel sistema, non avevamo ancora idea che nell'Universo ci fossero altri pianeti, persino altre galassie. Non eravamo neanche in grado di volare nell'aria, figuriamoci nello spazio. Il tempo che la luce ha impiegato ad attraversare un centomillesimo del diametro della Galassia, uno schiocco di dita per l'Universo, è stato sufficiente per trasformarci da una società che usava i cavalli per spostarsi a una specie che ha camminato sulla Luna e ha esplorato tutti i pianeti del Sistema Solare. Una specie che ha costruito una mastodontica stazione spaziale a 400 km dalla superficie e che anche grazie a questa ha fatto immensi progressi in ogni ambito della scienza, dalla medicina all'astrofisica, dalla biologia alla geologia. Questo, e molto altro, ci comunicano le immagini dell'Universo, se si guarda oltre la mera bellezza che colpisce la retina. Perché vedere attraverso gli occhi è bello, ma riuscire a osservare con la mente regala un'estasi ben più duratura e profonda di qualsiasi bella immagine.

Per approfondire:  https://astrobiology.nasa.gov/news/a-four-planet-system-in-orbit-directly-imaged-and-remarkable/

venerdì 27 gennaio 2017

Infiniti universi o un'enorme simulazione cosmica?

Questo post è estratto dal mio ultimo libro: La straordinaria bellezza dell'Universo.

Perché questo Universo si è dotato di una struttura e di leggi fisiche tanto perfette da renderlo un luogo stabile al punto da riuscire a creare, dopo miliardi di anni di evoluzione, persino esseri senzienti, un capolavoro di complessità difficile da immaginare? Se è davvero frutto del caso, perché tra le possibili, infinite combinazioni con cui l’Universo poteva evolvere è stata scelta proprio l’unica che permettesse la vita? Basterebbe variare di pochissimo, anche di una parte su miliardi di miliardi di miliardi, qualche grandezza fisica, il tasso di espansione, la percentuale di materia oscura o di energia oscura, per scatenare dei cambiamenti mastodontici che con tutta probabilità non ci avrebbero visti nascere. In questa situazione stiamo portando di fatto all’estremo il cosiddetto effetto farfalla, che nella versione che più ci interessa è stato ben espresso dal genio matematico Alan Turing: “Lo spostamento di un singolo elettrone per un miliardesimo di centimetro, a un momento dato, potrebbe significare la differenza tra due avvenimenti molto diversi, come l'uccisione di un uomo un anno dopo, a causa di una valanga, o la sua salvezza.” Ecco, se l’elettrone avesse avuto una massa di un miliardesimo di volte diversa da quella attuale, tutto l’Universo sarebbe stato differente.

Com’è possibile vivere in un luogo che sembra quindi essere perfetto per la nascita e l’evoluzione di creature senzienti? La prima risposta, logica, è semplice: se qualcosa fosse stato diverso noi non ci saremmo stati a porci queste domande. In effetti l’intuizione è giusta e se la sviluppiamo meglio, magari con la consapevolezza dell'Universo e delle leggi che lo regolano che abbiamo acquisito nel corso dei secoli, possiamo arrivare a teorizzare un mondo che non richieda necessariamente la semplicistica spiegazione di un intervento divino cosciente chiamato Dio, almeno non nell’accezione antropocentrica a cui siamo stati abituati da gran parte delle religioni, perché di quel Dio, decantato da tutte le religioni monoteiste, non c'è traccia. Non solo, non c'è traccia alcuna del modo in cui gli esseri umani hanno immaginato il modo di agire del Dio che si sono inventati.

Certo, la cosa più semplice è ammettere l’esistenza di un Dio dalle sembianze umane che ha creato un unico Universo secondo questa perfetta ricetta, proprio per ospitare noi esseri senzienti, fatti a sua immagine e somiglianza. Ma ormai che conosciamo la vastità e la complessità del Cosmo, sappiamo quanto sia limitata una risposta del genere; limitata nella logica, nello spazio e nel tempo. Può non piacerci questa affermazione, come da piccoli non ci è piaciuto scoprire che Babob Natale non esisteva, però questa è la realta. È quindi davvero sensato immaginare l’intervento di una mente superiore che ha dovuto inventarsi tutto questo caos per creare esseri senzienti? Sarebbe bastato molto meno se dietro ci fosse stata la mano cosciente di un creatore.

Una delle più interessanti deduzioni logiche di un Universo che tra le infinite combinazioni possibili ha scelto quella che ci vede coscienti di poterlo ammirare è che in realtà di Universi ve ne siano tanti, tantissimi, forse infiniti. In pratica, se la combinazione vincente per noi ha una probabilità quasi nulla di realizzarsi, basta giocarsele tutte e prima o poi qualcuno vincerà. Non diventa più una questione di una sfacciata sfortuna (o fortuna) tipica delle umane interpretazioni, ma qualcosa di inevitabile e ben più plausibile con quello che conosciamo sul funzionamento del Cosmo.

Sotto questo punto di vista la teoria dei multiversi appare molto logica e persino plausibile. Alla fine, tutto sembra rientrare nella solita affermazione: se qualcosa sembra funzionare, questa potrà ripetersi infinite volte. Anche la nascita del nostro Universo, a prescindere dalle regole particolari che si è dato, potrebbe essere solo un evento che si è ripetuto, si ripete e si ripeterà infinite volte. Forse stiamo parlando di un unico Universo che a un certo punto inverte l’espansione e torna quel punto indefinito, pronto per un nuovo Big Bang, oppure dell’esistenza contemporanea di infinite bolle, ognuna diversa dalle altre. Questi infiniti universi posseggono proprietà differenti, leggi della fisica diverse, variabili con altri valori, fino a provare di fatto tutte le combinazioni possibili. È allora normale, anzi, inevitabile, che tra uno di questi infiniti universi esistano specie senzienti in grado di ammirare tutto questo capolavoro.
Ma se gli Universi paralleli sono davvero infiniti, esistono anche infinite specie senzienti, infinite versioni di noi che potrebbero differire di pochissimo. Potrebbe esistere un Universo in cui i nazisti hanno vinto la seconda guerra mondiale, uno in cui l’umanità si è annientata con una guerra nucleare, uno in cui i dinosauri non si sono mai estinti. Il concetto di infinito è molto potente, perché rende tutto… infinito, quindi infinite sono le possibili combinazioni e nulla diventa impossibile!

C’è un’ipotesi alternativa a questa infinita sequenza di Universi leggermente diversi l’uno dall’altro, che asseconda l’idea di un creatore senza renderlo umanamente irrazionale e si basa su una possibile proiezione di un nostro lontano futuro. Il nostro Universo, dominato da rigide regole matematiche, privo di contraddizioni, senza eccezioni, che non sbaglia mai un calcolo. Questo Universo che alle scale piccolissime diventa indistinto, al punto che non possiamo più identificare l’esatta posizione delle particelle, come se ci fosse una scala al di sotto della quale non possiamo più scendere (vedi meccanica quantistica), ma che non è in grado di provare sentimenti, sensazioni, emozioni… assomiglia al comportamento che ci aspetteremmo da un computer.

L’idea, folle ma di certo più razionale di un divino creatore con il dito magico, è che il nostro Universo sia il risultato di una mastodontica simulazione di un computer potentissimo. Noi non saremmo allora reali ma una parte di codice che ha preso coscienza di sé stesso. Che sia un’idea molto forte e particolare non c’è dubbio, però allo stesso tempo potrebbe essere più sensata di quanto immaginiamo ora.
Pensiamoci bene. Noi esseri umani in meno di un secolo siamo stati in grado di sviluppare computer tanto potenti da poter simulare l’evoluzione dell’Universo a grande scala. Le più potenti simulazioni hanno riprodotto la nascita e lo sviluppo di milioni di galassie a partire da quel primordiale brodo identificato come radiazione cosmica di fondo. Dall’osservazione di quel dettaglio e dall’applicazione delle leggi della fisica, con un po’ di materia ordinaria e tanta materia oscura, siamo riusciti a ricreare un Universo in miniatura che ha generato ammassi di galassie, galassie, stelle. Un Universo che evolve attraverso gli scontri galattici, che modifica le proprie componenti, che vive. La nostra capacità di calcolo ancora non è sufficiente per simulare tutto l’Universo con una risoluzione microscopica in grado di spiegare anche il comportamento dell’infinitamente piccolo, eppure potrebbe essere possibile un giorno. Il dubbio si è insinuato, vero?

Con il progredire della scienza e della tecnologia è solo questione di tempo prima che la potenza di calcolo dei nostri supercomputer sia in grado di simulare un numero maggiore di galassie, con una risoluzione che dapprima vedrà le stelle, poi i pianeti e infine, chissà, si spingerà sempre più nel dettaglio. Sotto questo punto di vista, il bizzarro comportamento della meccanica quantistica, che invito ad approfondire in altri lidi, sembrerebbe allora un espediente informatico per mettere un limite alla risoluzione di questa immane simulazione cosmica, come se fossero i pixel di un sensore digitale che non potranno mai mostrare dettagli più piccoli di una certa scala.
Non sappiamo se una specie aliena abbia creato la simulazione di questo Universo; se questa sia a immagine e somiglianza di quello esistente davvero, o solo uno dei tanti modelli matematici che funzionano. Non sappiamo se siamo l’esperimento informatico di un ragazzino con cui vincerà il concorso di scienze a scuola o la più grande simulazione mai tentata nella storia delle simulazioni. Non sappiamo se siamo la simulazione di un mondo a sua volta simulato da un'altra specie e se creeremo a nostra volta una nuova simulazione, un giorno, in cui compariranno pezzi di codice autocoscienti, in grado di creare a loro volta altre simulazioni. Non sappiamo nulla ma forse un giorno capiremo, quando anche noi riusciremo a creare un universo, com’è possibile sentirsi vivi pur restando in un ambiente che per altri è virtuale, in uno spazio matematico e in un tempo che scorre secondo le regole imposte dai programmatori.

A questo punto delle nostre conoscenze, anche un’ipotesi del genere può sembrare accettabile, sebbene, come l’altra degli infiniti universi, sia ancora lungi dall’essere provata o smentita. Probabilmente è frutto della nostra voglia di trovare uno scopo in tutto quello che siamo e che vediamo; uno scopo che anche se diluito come un rimedio omeopatico, arrivati a questo punto della conoscenza facciamo ancora fatica ad abbandonare fino in fondo. L’unica cosa di cui abbiamo la certezza, giunti alle ultime parole del nostro viaggio, è la grandiosa  potenza della nostra mente, capace di viaggi interminabili attraverso la straordinaria bellezza del Cosmo. Guardare l’Universo per capire chi siamo. È sempre stato così, sin dalla notte dei tempi.


giovedì 19 gennaio 2017

Una libreria di miei fit grezzi per fare pratica con la fotografia astronomica

L'astronomia è condivisione, sia se la facciamo per hobby che per professione. La condivisione diventa necessaria quando parliamo di dati, di fotografie e di tutto ciò che può essere utile alla scienza o nell'apprendere nozioni in un campo nuovo. Se nessuno condividesse le proprie esperienze sarebbero molto pochi gli appassionati del cielo e ancora meno i progressi fatti dalla scienza negli ultimi secoli.

Spesso mi hanno chiesto quale fosse il segreto delle mie immagini, quale magica pozione utilizzassi per elaborarle. Molti sono infatti convinti che la magia di una foto la si crei nella fase di elaborazione, dove con qualche software potente come Photoshop potremo estrarre dettagli sorprendenti di una nebulosa, magari partendo da una sfocata fotografia a un segnale stradale. Certo, tutto è possibile, anche questo, ma credo che sarebbe bello partire da un'immagine reale e fare tutte quelle operazioni che non alterano il segnale catturato. L'obiettivo di un'elaborazione, sia pur estetica, di una fotografia astronomia dovrebbe essere quello di mostrare al meglio tutto il segnale catturato, senza cambiarlo, senza interpretare la realtà che resta quella che il nostro sensore digitale ha catturato. La tentazione di passare dalla fase di elaborazione a quella di fotoritocco può essere grande, soprattutto quando la nostra voglia di ottenere buoni risultati si trasforma in frustrazione vedendo in giro capolavori in apparenza irraggiungibili.

La fase fondamentale della realizzazione di un'ottima immagine astronomica si affronta sempre durante lo scatto, sul campo, spesso al freddo e all'umido. E' una fase che spesso inizia prima dello scendere del buio, quando dobbiamo trovare il luogo adatto, privo di luci e di umidità, allineare il cercatore, collimare lo strumento (se serve), stazionare in modo perfetto la montatura verso il polo, scegliere il soggetto migliore per la serata e la strumentazione, che deve avere certe caratteristiche, impostare la guida, curare l'inquadratura, la messa a fuoco e poi sperare che per almeno 3-4 ore vada tutto bene, perché quando tutto funziona ed è stato ottimizzato l'unico segreto è questo: esporre, esporre ed esporre per 3-4-5 e più ore. Solo in rarissimi casi si possono ottenere splendide fotografie con un tempo di integrazione totale inferiore a un'ora e sempre la potenziale bellezza di uno scatto aumenta all'incrementare del tempo che gli dedichiamo, non di fronte al computer a elaborarlo ma sotto il cielo, a raccogliere fotoni che hanno viaggiato per migliaia o milioni di anni luce.

Proprio per dare un punto di riferimento a chi cerca di addentrarsi nel mondo della fotografia a lunga esposizione del profondo cielo o per tutti coloro che vogliono capire come migliorare i propri risultati, ho messo a disposizione una serie di fit scattati al cielo coon differenti strumenti e sensori. Per questioni di spazio non ho potuto mettere a disposizione i file singoli con i frame di calibrazione ma solo i file grezzi calibrati e sommati. Potete utilizzarli per fare pratica, divertirvi con gli amici, provare a scovare (e ce ne sono molti) i difetti. Potete pubblicarli per uso non commerciale citando sempre l'autore. Non dovete mai, in nessun caso, eliminare i riferimenti per l'autore o, peggio, spacciarli per vostri perché se vi becco sono cavoli amari.

Alcune immagini non le ho elaborate neanche io ancora, per mancanza di tempo, quindi non ho la minima idea di come potranno venire. Molte altre, invece, le trovate elaborate nella mia gallaery su astrobin: http://www.astrobin.com/users/Daniele.Gasparri/collections/253/
Ecco l'elenco completo da cui poter scaricare le immagini. I file sono compressi in formato zip. All'interno troverete il file fit. Ho scelto questo formato, che Photoshop non legge a meno di scaricare il programma gratuito Fits Liberator, perché è lo standard internazionale per tutti i dati astronomici. Tutti i software appositi lo leggono, compreso Deep Sky Stacker, Nebulosity, Iris, Registax, MaxIm DL, PixInsight, AstroArt...
Mettete questo post tra i preferiti perché con il tempo verrà aggiornato con nuovi scatti, compresi quelli in alta risoluzione:

lunedì 16 gennaio 2017

Osserviamo l'Universo che evolve

L'Universo è un ambiente in continua evoluzione ma spesso le nostre vite sono troppo brevi per notare dei cambiamenti. Spesso, ma non sempre. Se si ha pazienza e si scelgono gli obiettivi giusti, possiamo notare l'imponente evoluzione non solo dei pianeti del sistema solare, ma anche di oggetti molto più distanti, grandi e potenti.


Il caso più emblematico riguarda la nebulosa del granchio, ciò che resta di una stella esplosa nel lontano 1054. I resti del grande astro, circa 20 volte la massa del Sole, si stanno espandendo nello spazio a più di 1000 km/s! Data la distanza "contenuta" di circa 6500 anni luce, in pochi anni è possibile ammirare l'indescrivibile eleganza di un Universo che pulsa, che vive, che si modifica di continuo. Le tenui volute di gas e i filamenti di idrogeno ionizzato si espandono come una nube, a una velocità di molto superiore a quella di qualsiasi onda d'urto generata dalla più potente bomba nucleare qui sulla Terra. 


Stiamo di fatto osservando l'evoluzione di una delle più grandi esplosioni che potremo mai vedere nell'Universo, un fronte di indescrivibile potenza che solo l'Universo, con le sue enormi distanze e gli sterminati spazi quasi vuoti, riesce a farci concepire come se fosse il delicato battito di un cuore, il cuore del Cosmo.
 

Ma non è solo la nebulosa del granchio a evolversi in questa animazione. C'è un altro oggetto, che gli antichi credevano far parte di una classe immutabile, che ha cambiato la sua posizione negli 11 anni di intervallo tra le mie due foto. Lo vedete? In una delle due immagini ha una forma strana, dovuta a un difetto del sensore utilizzato.

martedì 10 gennaio 2017

Un ringraziamento speciale (e un regalo) a tutti i miei lettori

Ho iniziato a scrivere di astronomia in modo ufficiale nel 2007, dieci anni fa, quando la rivista Coelum diede a un mezzo sbarbatello che non aveva mai scritto niente di più lungo di mezza pagina una di quelle opportunità rare, sempre più rare, soprattutto in questo Paese. Le cose andarono bene, grazie anche alla loro pazienza; io imparai (lentamente) a scrivere e scoprii questa passione, che avevo sempre innata in me ma che puntualmente era stata repressa, soprattutto nel periodo scolastico, da parte dei miei professori.

Decisi poi di passare dagli articoli ai libri, senza un motivo apparente, quasi di punto in bianco. Il primo libro, l'Universo in 25 cm, richiese più di un anno: la sfida da affrontare era stata molto più dura del previsto. Inviai il manoscritto, più per gioco, a una di quelle poche case editrici che si occupa(va)no di divulgazione astronomica in Italia e dopo un paio di giorni ricevetti riposta positiva: il mio primo libro venne così pubblicato dalla Springer, nel 2011. Ero al settimo cielo e deciso più che mai a intraprendere questa strada, che però mi sconsigliarono tutti, soprattutto quelli dentro il ristretto e agonizzante ambiente della divulgazione astronomica. E non avevano torto. Il 2012 fu un anno durissimo. Le case editrici che pubblicavano di astronomia sparirono e non mi restò che provare con l'autopubblicazione, che però era agli inizi e vista con diffidenza. Arrivai vicinissimo ad arrendermi, poi una volta toccato il fondo mi rialzai con un sussulto d'orgoglio e ricominciai a scrivere. Le cose, lentamente, migliorarono, io ritrovai un po' di entusiasmo e continuai a scrivere libri e articoli.

In questi giorni cade il quarto anniversario dalla mia rinascita, della mia indipendenza economica. Sono 4 anni che riesco a mantenermi con la divulgazione dell'astronomia, tra libri, articoli e conferenze. Non navigo nell'oro e per fortuna vivo in una casa di proprietà grazie ai miei genitori, ma posso pagare le bollette e togliermi qualche sfizio, come viaggiare lungo il Pianeta per esplorare cielo e terra.
L'astronomia è un ambiente molto di nicchia, soprattutto i Italia. Il mio primo libro venne stampato in appena 400 copie e molti addetti del settore furono sorpresi quando le prime 350 vennero vendute in un paio di mesi. Sono questi i numeri di un Paese che non ama leggere e men che meno ama la scienza e l'astronomia e odia letteralmente pagare chi ha svolto un lavoro o un servizio (sono molte le richieste di libri gratis e quasi tutti i miei volumi sono stati piratati, tanto per cambiare). Se poi aggiungiamo il fatto che a causa dell'autopubblicazione i miei libri sono presenti solo online e in nessuna libreria fisica, lì dove meno del 20% dei lettori di libri, che sono meno della metà della popolazione, fa acquisti, nessuno, nemmeno io, mi sarei aspettato di arrivare a questo punto.

Proprio oggi, infatti, secondo i miei calcoli, ho venduto il libro numero 20000. Ecco quanto vende l'astronomia. E' poco, pochissimo in confronto ai libri commerciali, che vendono di solito tanto di più quanto più sono trash e inutili. Ma ventimila libri di divulgazione astronomica in quattro anni, in queste condizioni economiche, sociali e commerciali, per me sono un numero che non mi sarei mai aspettato di raggiungere. Sono circa 400 libri in media al mese tra ebook e cartacei e tutto questo è stato fatto senza l'aiuto di nessuno, nessun editore, nessun agente, nessuna libreria, anzi, spesso ho avuto colleghi e gli addetti ai lavori contro, quando non si limitavano a mostrare solo un'assordante indifferenza.. Solo con questo blog, con i social network e con il passaparola di voi lettori.

E' per ringraziare voi, che mi avete incoraggiato, supportato, sopportato, criticato, aiutato e, letteralmente, sfamato, che ho scritto questo post. A voi che avete già sfogliato le pagine dei miei libri, dai primi scritti un po' con i piedi ai più recenti in cui si vede, finalmente, che anche una testa dura come me può imparare a scrivere, e a chi invece ancora si è limitato a leggere i miei articoli online gratuiti. Siete tutti voi la fonte della mia felicità, della mia realizzazione e del mio panino quotidiano che mi permette di continuare a vivere una vita libera dalle catene della società.

Da oggi e per tutta la settimana, quindi fino a domanica 15 compresa, è questo il mio modo per ringraziarvi:
1) Chiunque abbia acquistato un mio libro, se ritrova la ricevuta d'acquisto e me la manda via mail a daniele.gasparriATgmailPUNTOcom (sostituite AT con @ e PUNTo con .) potrà ricevere uno qualsiasi dei miei titoli (a vostra scelta) gratuitamente in formato digitale PDF. Mandatemi quindi via mail la ricevuta dell'acquisto di uno qualsiasi dei miei libri e ditemi quale titolo digitale in formato PDF vi piacerebbe ricevere in regalo. Anche se avete acquistato più di un libro posso regalarvene solo uno;
2) Chiunque acquisterà un mio libro cartaceo (e solo cartaceo) da qui a domenica e mi manderà la ricevuta, potra ricevere in regalo il PDF del libro acquistato e un altro libro in PDF a vostra scelta;
3) Se siete interessati alla collezione completa dei miei libri, circa 32, vi propongo fino a domenica l'acquisto di tutti i miei libri in formato digitale PDF al prezzo di soli 50 euro, ovvero 1,5 euro a libro. Anche in questo caso mandatemi una mail all'indirizzo sopra per concordare il pagamento e la consegna dei libri (che avverrà via internet).

Ricordatevi quindi di scrivermi all'indirizzo email daniele.gasparriATgmailPUNTOcom sostituento AT con @ e PUNTO con il . 
Se le richieste saranno tante ci vorrà qualche giorno per accontentarvi ma ci riuscirò. Grazie ancora a tutti!

Nella costellazione del Cigno comparirà una nuova stella

Le stelle, come tutto l'Universo, sono in continua evoluzione anche se noi esseri umani, che a malapena viviamo 100 anni, molto raramente possiamo assistere a evidenti cambiamenti del nostro cielo. E' ancora più raro riuscire a prevedere con precisione dove e quando possa avvenire una di quelle trasformazioni sconvolgenti che in pochi secondi possono segnare il destino di una stella e l'aspetto di una costellazione. L'emblema di questa snervante incertezza è rappresentato da Betelgeuse, brillante supergigante rossa della costellazione di Orione, la migliore candidata a esplodere come supernova. Tutta la comunità scientifica è infatti d'accordo nell'affermare che la terribile esplosione che porrà fine alla sua vita è imminente e sarà tanto energetica da rendersi visibile per mesi, persino di giorno, come fosse un secondo, lontano Sole. Imminente, però, significa che può accadere in ogni momento da qui ad almeno 50 mila anni nel futuro. Se per l'Universo è un battito di ciglia, per noi diventa un tempo difficile da tollerare.

Una binaria a contatto
Per nostra fortuna la scienza non smette di fare passi in avanti e le cose stanno lentamente cambiando. Non siamo in grado di dire a che ora esploderà Betelgeuse, ma sembra che possiamo rimettere l'orologio su un evento che se si verificherà sarà di certo la spettacolare conferma dell'avanzamento delle nostre conoscenze dei sistemi binari e ci regalerà per qualche mese una nuova, brillante stella nel cielo.

Nella costellazione dei Cigno, in quel campo di centinaia di migliaia di stelle osservate in 3 anni dal telescopio spaziale Kepler, alla caccia di pianeti extrasolari di taglia terrestre, è stato trovato un sistema molto raro e altrettanto interessante. Chiamato secondo la sterile nomenclatura scientifica KIC 9832227, è un sistema formato da due stelle di massa simile che orbitano vicinissime le une alle altre. E vicinissime vuol dire che le orbite sono tanto strette che gli astri condividono già l'atmosfera e parte degli strati superficiali; tanto vicine che la reciproca forza mareale è così forte da averle allungate come se fossero una goccia d'acqua in bilico su un fiore che si guarda allo specchio prima di cadere. Nel gergo scientifico sono dette binarie a contatto, sistemi abbastanza comuni, ma queste sono talmente in contatto che il loro destino sembra già ben delineato con una precisione che fino a questo momento non ha avuto problemi.

La posizione di KIC 9832227 e della nuova stella del 2022
I due astri ruotano attorno al comune centro di massa, quel punto che tanto cerchiamo quando vogliamo tenere in equilibro un cucchiaio sul nostro dito. Le orbite, però, non sono più stabili. Le atmosfere stellari in contatto stanno rallentando il moto di entrambe le componenti, così che la distanza reciproca diminuisce velocemente nel tempo. A un certo punto si arriverà al contatto finale: le due stelle entreranno in collisione con gli strati più densi e quando questo accadrà i due sistemi si fonderanno in un unico oggetto. Questo raro evento di fusione tra due astri centinaia di volte più grandi del nostro pianeta innescherà dei violenti processi di fusione nucleare, nient'altro che una gigantesca esplosione, o una serie di esplosioni miliardi di miliardi di volte più potenti della più terribile bomba termonucleare mai concepita dall'uomo. Il fenomeno è chiamato nova rossa (red nova in inglese) ed è ancora avvolto dal mistero poiché sono pochissimi i fenomeni osservati associabili a un evento del genere.

Quello che sembra probabile è che la fusione di due stelle inneschi un'esplosione la cui luminosità è inferiore a quella di una supernova ma superiore a quella di una nova classica. Le novae, ben conosciute e studiate, sono nane bianche che accrescono materia da parte di una stella compagna vicina. Quando sulla superficie della nana bianca se ne accumula in quantità sufficiente, questa si fonde tutta insieme, producendo una violenta esplosione termonucleare. La nana bianca non viene distrutta e continua di solito a risucchiare materia, quindi il fenomeno di nova è in genere periodico. Una nova rossa, invece, è un evento che avviene una sola volta per un sistema e produce una luce dal colore rosso.

Sebbene avvolte nel mistero, quello che più interessa a chi si vuole godere lo spettacolo non è poi così misterioso. Nel 2008 è stata osservata una rara nova rossa a seguito della fusione delle stelle del sistema V1309 Scorpii. L'aumento di luminosità è stato di circa 10 magnitudini, ovvero 10 mila volte. KIC 9832227 è distante circa 1700 anni luce a al momento brilla di magnitudine 12. Se durante la fusione e l'esplosione come nova rossa aumenterà la sua luminosità come V1309 Scorpii, potrebbe diventare luminosa quanto la stella polare. In pratica, per qualche mese in cielo avremo una stella nuova che ridisegnerà i connotati della costellazione del Cigno.

Quando è prevista la comparsa di questa luminosa "stella" temporanea? Qui il capolavoro è tutto scientifico. Osservando per anni questo peculiare oggetto e le variazioni nel periodo orbitale delle due stelle, Larry Molnar e i suoi colleghi del Calvin College in Grand Rapids, Michigan, hanno concluso che nel Febbraio del 2022 le due stelle si fonderanno e innescheranno la grande esplosione chiamata nova rossa. L'incertezza nella predizione è di circa 6 mesi, un errore accettabile per le nostre vite, non come quella che accompagna la fine di Betelgeuse! Molnar e colleghi hanno sottoposto il loro studio completo ad Astrophysical Journal. Per chi fosse curioso di capire meglio cosa sono queste ancora misteriose novae rosse e come hanno operato i ricercatori per arrivare a questa intrigante predizione, consiglio di consultare l'articolo. Anche se lungo e difficile da comprendere, rappresenta sempre un'ottima occasione per capire come opera la scienza, proponendo ferree prove oggettive e verificabili nella spiegazione di qualsiasi evento. Non è, forse, un operato che ci tornerebbe molto utile anche nella vita di tutti i giorni, invece di scatenare guerre d'opinione basate sul nulla?

Scriviamo quindi un bel promemoria da qualche parte ma restiamo aggiornati. I calcoli di Molnar sembrano al momento corretti, ma non possiamo avere la certezza che abbia ragione, perché non conosciamo a fondo le caratteristiche del sistema KIC 9832227, né come reagiscono due astri che stanno sul punto di fondersi. In ogni caso, a meno di avere una sfortuna colossale, tra qualche anno avremo per qualche tempo una nuova stella e sarà un evento unico. Non ricapiterà mai più nella storia della Terra, figuriamoci quindi nella nostra, assistere alla comparsa di una nova rossa tanto brillante da decorare come un prezioso rubino celeste l'ala destra della meravigliosa costellazione del Cigno.

sabato 7 gennaio 2017

La consapevolezza vi renderà liberi

Prendete un minuto dalle vostre vite. Prendete un minuto dal lavoro, dai problemi economici, dalla programmazione del fine settimana, dalla scelta del vestito per uscire, dalle difficoltà terrene del vostro piccolo orticello, tanto minuscolo che non vi permette di vedere la più grande immagine di cui fate parte.
Sedetevi, rilassatevi e fate uscire tutte quelle contraddittorie voci dalla vostra testa.
Ora ammirate questa fotografia e restate a osservarla finché un brivido di consapevolezza non percorre la vostra schiena. Se non basta un minuto non fa niente, ma è un dovere morale di ogni essere consapevole restare e riprovare per il tempo necessario affinché quel brivido si presenti, perché è tutto ciò che ci distingue dalle altre specie della Terra.



In questa foto stiamo ammirando noi stessi, la nostra realtà, il nostro fragile ambiente, non più visto dalla schiacciata prospettiva di una formica ma dall'esterno. E' il più grande salto di coscienza che l'uomo abbia mai potuto fare da quando qualche milione di anni fa ha cominciato a percorrere le steppe africane. E' il più grande regalo che la nostra specie, piena di contraddizioni e di irrazionalità, si è donata per dare una speranza a sé stessa. La nostra salvezza passa per forza di cose da quante persone da qui ai prossimi anni riusciranno a sentire quel brivido lungo la schiena, da quante persone capiranno qual è la realtà nella quale viviamo, quanto è fragile e piccolo questo pianeta. La nostra salvezza passerà per forza di cose dall'accettare che tutto quello per cui oggi ci combattiamo a vicenda è di un'inaudita stupidità.

Questa immagine ritrae il nostro pianeta e la Luna come si vedono da Marte, il nostro cugino sfortunato, che al momento dello scatto distava 205 milioni di chilometri. E' stata catturata dalla sonda della NASA Mars Reconnaissance Orbiter durante un normale test di calibrazione strumentale dell'apparato di ripresa ad alta risoluzione. Uno scatto di routine che però ci regala una vista mozzafiato.
Un giorno un astronauta su quel pianeta ario arrugginito potrà vedere brillare nel cielo una "stella" azzurra. Se la ingrandirà con un piccolo telescopio vedrò qualcosa di molto simile a questa foto e scoprirà che quella "stella" è stata la casa di più di 100 miliardi di esseri umani, di tutti i sogni, le speranze, i racconti, i miti, le leggende, le religioni, l’arte, la poesia, la scienza, l’ingegno e le lotte di un popolo che già su Marte, in vicino di casa, sembra scomparso dalla faccia dell’Universo e persino dal pianeta che crede di aver soggiogato alla propria stolta sete di potere e ricchezza. Quanti uomini vedete in questa foto? Nessuno, eppure sono tutti lì, ma proprio tutti. Quanti confini vedete? Quanti muri? Quante città? Quante barriere? Ora tornate pure a litigare con il vicino, a insultare gente a caso su internet, a concedervi vizi e stravizi dannosi e superficiali in barba al Pianeta e ai suoi abitanti, a umiliare le vostre vite per guadagnare sempre più denaro che non avrete tempo di spendere. Andate e fate come se niente fosse, se ci riuscite... Io non ci riesco più da tanti anni e mi sento più libero che mai, perché è la consapevolezza l'arma che ci renderà liberi da noi stessi e dai nostri demoni.

Per informazioni tecniche sull'immagine: http://www.jpl.nasa.gov/news/news.php?release=2017-004&rn=news.xml&rst=6716